Carissimi nipotini,
anche oggi voglio parlarvi di cose “da adulti”. Argomenti che potrete leggere e comprendere quando sarete più grandi, nella speranza che allora non debbano più accadere.
Quest’estate, tra i tanti fatti di cronaca, mi ha colpito in particolare il tragico incidente di due fratellini rumeni, Daniel e Stefan, che sono annegati tragicamente in un laghetto artificiale creato per l’irrigazione dell’azienda agricola dove lavoravano i loro genitori.
Quello che mi ha colpito ulteriormente è stato l’atteggiamento di “indifferenza” della popolazione e dei media che sembra abbiano “archiviato” troppo in fretta e senza molta condivisione la tragedia.
Questo atteggiamento è stato spiegato e denunciato con un articolo, pubblicato sul quotidiano “Avvenire” del 15-07 alla pagina 15.
L’articolo racconta dei funerali dei due piccoli fratelli e porta gli inquietanti titoli di “I bambini annegati a Manfredonia. Troppo soli in vita e in morte” e ancora “Nella cattedrale mezza vuota a far rumore è l’indifferenza”.
L’articolo del giornalista Antonio Maria Mira racconta come ai funerali dei due fratellini ci fosse la chiesa mezza vuota e che ad accompagnare i due piccoli c’era pochissima gente.
Mira riporta poi alcune delle parole di Padre Franco Moscone che ha ufficiato le esequie. Sono parole amare, dure e a tratti molto polemiche.
Ne riporto una piccola parte invitandovi ad andare a leggere per intero l’articolo.
«La parola di Dio ci dice che dobbiamo piangere con chi piange e gioire con chi gioisce.
La nostra città impari anche a piangere e ci sono tanti motivi».
Come Daniel e Stefan.
Troppo soli nella vita, troppo soli nella morte.
Invece i funerali potevano essere occasione per farsi sentire vicini, per abbracciare, ma anche per chiedere scusa e impegnarsi perché non accada più.
«Serve un piano serio di accoglienza».
Il giornalista fa poi delle considerazioni personali abbastanza forti e inquietanti che ci toccano e mettono in discussione le nostre convinzioni e certezze.
L’indifferenza può sembrare un atteggiamento meno grave di quello delle “porte chiuse” descritto in una delle precedenti letterine ma in realtà è un atteggiamento altrettanto pericoloso perché, pian piano, ci rende insensibili ai problemi degli altri, contribuendo al consolidarsi di un atteggiamento di egoismo e di chiusura.
Dalle definizioni etimologiche, l’indifferenza è la condizione e il comportamento di chi, in una determinata circostanza o per abitudine, non mostra interessamento, simpatia, partecipazione affettiva o turbamento.
L’indifferenza non si manifesta solo nei confronti delle persone che arrivano dall’esterno, ma può essere presente anche nei confronti di chi vive quotidianamente nei nostri paesi e perfino all’interno del nostro nucleo familiare.
Ancora una volta prendiamo esempio dai bambini che con la loro innocenza riescono ancora a stupirsi, a gioire, a partecipare e a farsi coinvolgere dagli eventi e dalle persone che li circondano.
Un caro saluto e un arrivederci da nonno Antonio
L’immagine di copertina è di David Pacey
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