Carissimi nipotini,
alcuni giorni fa, sul tavolino dei libri in regalo posto all’ingresso della biblioteca di Osnago, ho visto un libro che mi ha incuriosito.
Il libro è dell’autore Emilio De Marchi che, confessando la mia ignoranza, non conoscevo.
Porta il titolo intrigante di: Quel maledetto coltello… e per sottotitolo (il delitto di Osnago).
Ma a quale delitto si fa riferimento? Nei miei ormai cinquant’anni di permanenza ad Osnago, io non ho memoria di nessun delitto.
Non ho resistito alla tentazione di saperne di più e, pensando di coinvolgere anche amici e parenti, ne ho portato a casa un paio di copie peraltro praticamente nuove.
Il libretto si apre con una lunga e qualificata presentazione di Monsignor Gianfranco Ravasi che, con la chiarezza e il sapere che lo contraddistingue, mette in condizione tutti i potenziali lettori di inquadrare l’autore e gustare e comprendere al meglio il relativo racconto.
Ho così appreso che l’autore è un famoso scrittore vissuto a Milano nella metà dell’ottocento e che il racconto parla di uno sfortunato ragazzo di Osnago che venne accoltellato mortalmente.
Come succedeva fino a qualche decina di anni fa quando il servizio militare era ancora obbligatorio, i ragazzi diciottenni venivano chiamati alla visita di leva che si svolgeva nel distretto militare più importante e più vicino.
Per la zona di Osnago e per i paesi limitrofi la località era Lecco.
Il racconto è stato scritto nel 1898 e quindi è presumibile che l’episodio si riferisse alla leva del 1880 o precedente.
Nei coscritti di Osnago di quell’anno c’era un certo Stefano che era orfano di padre e, in quanto unico sostegno della famiglia, era esentato dal servizio militare, però per prassi doveva presentarsi comunque alla visita di leva.
La visita di leva spesso era la prima uscita dal paese e costituiva un evento straordinario per i giovani.
Normalmente veniva festeggiata con soste nelle osterie, canti e baldoria e non erano insolite liti nelle quali ci scappavano scazzottate.
Anche questa volta, terminata la giornata di visite presso la caserma, la compagnia di Osnago si attardò in una osteria dove poco dopo trovò posto anche una compagnia del paese di Usmate, campanilisticamente rivale del paese di Osnago.
Bastarono alcune piccole provocazioni per riscaldare gli animi e scatenare una rissa.
Il povero Stefano, intervenendo per cercare di dividere i contendenti, si beccò due coltellate all’addome che gli furono fatali.
Ci sarebbe poi da sottolineare tutto il contesto delle condizioni difficili di vita della fine dell’Ottocento e la storia commovente della mamma di Stefano, ma non voglio anticipare tutto.
Lo scrittore Emilio de Marchi ha utilizzato questo fatto di cronaca, vero o presunto, a scopo educativo e il libro contiene parecchie e dettagliate considerazioni in merito alla cattiva abitudine dell’uso del coltello e della violenza in generale.
Il libro è stato pubblicato nel 2003 con il patrocinio del comune di Osnago dove all’epoca era sindaco Marco Molgora il quale ha rilasciato un lungo commento plaudendo all’insegnamento educativo del racconto e al gruppo di osnaghesi che ha fortemente voluto questa edizione.
Per chi non conoscesse questo libretto o non lo ricordasse più, lo consiglio caldamente.
È disponibile nella nostra bella biblioteca e lo si legge in un pomeriggio.
Pur essendo un racconto breve, le riflessioni e gli insegnamenti, opportunamente adattati ai nostri tempi, sono veramente importanti tanto che non escludo di riprendere alcuni temi più avanti.
Nel frattempo mi è venuta la voglia di conoscere meglio le opere di questo autore milanese e comincerò dal romanzo “Il cappello del prete” dal quale, in passato, è stato tratto un film e alcune serie televisive.
Nonno Antonio
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