Carissimi nipotini,
dopo le piccole considerazioni sulla poetessa Alda Merini espresse nelle due letterine precedenti, voglio continuare con altre notizie sul suo periodo di massima notorietà avvenuta attorno agli anni 1980-1990.
Sempre prendendo spunto dal libro “Alda Merini, mia madre” riporto quanto scrive la figlia Emanuela Carniti alla pag. 120:
“Un sodalizio importante per mia madre, non solo artistico ma anche umano, è stato quello con Giovanni Nuti, il quale ha musicato i suoi versi che poi ha cantato Milva.
Con la cantante aveva stabilito anche un rapporto di amicizia, cosa strana perché lei era sempre sospettosa verso il genere femminile, tanto più con una primadonna come Milva.
Il disco “Milva canta Merini” divenne anche uno spettacolo, nel quale mia madre accompagnava la cantante al pianoforte”.
L’ALBATROS
Io ero un uccello
dal bianco ventre gentile,
qualcuno mi ha tagliato la gola per riderci sopra,
non so.
Io ero un albatro grande
e volteggiavo sui mari.
Qualcuno ha fermato il mio viaggio,
senza nessuna carità di suono.
Ma anche distesa per terra
io canto ora per te
le mie canzoni d’amore.
(Alda Merini)
Mi stavo documentando per tentare un minimo di spiegazione al testo di questa bellissima poesia e mi sono imbattuto nel commento della grande poetessa toscana Chiara Rantini.
Le sue considerazioni su Alda Merini e su questa poesia mi sono sembrate perfette e per me inarrivabili, quindi mi permetto di riportarle per intero:
“Sappiamo tutti che Alda Merini visse l’inferno del ricovero psichiatrico.
Sappiamo tutti quali erano le condizioni di vita di chi entrava tra quelle pareti bianche, asettiche e spersonalizzanti.
Sappiamo tutti quanto invece fosse dotata di vitalità, entusiasmo e passione la nostra cara Alda.
Possiamo quindi immaginare quanto sia stato doloroso per lei vivere in un tale ambiente.
Ma cosa ne fa un poeta, in questo caso una poetessa, del dolore? Può la poesia lenirlo oppure non ha alcun potere su di esso?
Mi sono chiesta tante volte se, quando nasceva in me l’esigenza di scrivere versi, era essa dettata dalla sofferenza o piuttosto dalla gioia.
Scrivere è dare un’eco ai nostri interrogativi, ai dubbi, a ciò che colma il nostro cuore, sia in senso positivo che negativo.
Se fosse stato così anche per la Merini, come commentare questa bellissima poesia?
Sicuramente il primo pensiero o meglio la prima immagine che evoca in me è quella di qualcosa di grande e maestoso, come appunto le ali di bel volatile, a cui viene impedito di manifestarsi nella sua forma autentica. In natura esistono creature e creazioni dalle forme inconsuete e bizzarre.
In natura tutto è ammesso, non sono richiesti formalismi. Alda era come questo grande uccello forse dai colori bizzarri e dalle forme inconsuete ma tale era e giustamente reclamava il diritto a esistere.
Invece l’umanità da sempre ha cercato di emarginare il diverso e di trattare la malattia mentale come qualcosa di pericoloso meritevole di una ghettizzazione.
“Qualcuno ha fermato il mio viaggio” scrive Alda. Quel “qualcuno” sono le istituzioni, gli uomini che non l’hanno amata, tutti coloro che hanno saputo accogliere la sua diversità, cercando di annientare il dono che era in lei. Invano.
Scrive infatti la Merini nell’ultima strofa: “Ma anche distesa per terra/ io canto ora per te/ le mie canzoni d’amore”.
La poesia non si può sconfiggere con le minacce e le privazioni. La poesia è una forma di resistenza.
Nella poesia tutto trova un posto, anche il dolore. E tutti noi abbiamo bisogno del coraggio di poetesse come Alda Merini”.
Chiara Rantini.
Nell’attesa del prossimo approfondimento sulla grande poetessa, nonno Antonio vi invita a ricercare ed ascoltare questa canzone e a voi bambini auspica che abbiate sempre il coraggio e la forza di far emergere e manifestare i vostri sentimenti, naturalmente nel rispetto dell’altrui libertà.
Un caro saluto e un arrivederci da nonno Antonio
L’immagine di copertina è di Jean-François Renaud
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