Alda Merini: le perle della sofferenza

Carissimi nipotini,
ai tempi della mia formazione scolastica (circa 60 anni fa) la letteratura aveva già una parte importante nella didattica.

Si studiavano i narratori e i poeti di tutti i secoli a partire dai poemi di Omero (circa 1200 a.C.) per arrivare ai poeti contemporanei.

Spesso ci veniva chiesto di mandare a memoria alcune tra le poesie più famose e alcune sono ancora in grado di declamarle perfettamente.

È quindi probabile che voi vi troviate a studiare, fra i poeti contemporanei, la figura e le opere di Alda Merini che da molti è considerata tra i più grandi poeti italiani del ‘900.

Io ho la fortuna di abitare vicino e di essere amico di Alberto Casiraghy, l’artista osnaghese che per molti anni è stato grande amico della poetessa Alda Merini.

Casiraghy ogni tanto mi omaggia di qualche sua pubblicazione tra cui recentemente anche un libretto con alcuni aforismi inediti che ha ricevuto dalla grande poetessa.

La foto che ho messo all’inizio, è appunto la copertina di questo libro e ritrae la poetessa con Alberto Casiraghy.

Tutto ciò ha alimentato il mio interesse e la mia curiosità su Alda Merini e mi ha spinto ad intraprendere un piccolo studio e una ricerca perché sono convinto che, per capire maggiormente le opere di un personaggio, è necessario partire dalla conoscenza  della sua vita.

Dopo aver letto “Una creatura fatta per la gioia” di Maria grazia Calandrone, ho appena finito di leggere “Alda Merini, mia madre” di Emanuela Carniti, la figlia maggiore della poetessa.

Sono appena all’inizio della mia ricerca perché la produzione letteraria di Alda Merini è vastissima così come anche gli studi, i commenti e le biografie dei vari artisti che l’hanno conosciuta e che l’hanno studiata.

In queste prime due biografie emerge la grande preparazione e predisposizione alla poesia tanto da essere definita un “enfant prodige”, ma poi per una serie sfortunate di cause, ben presto incominciarono a manifestarsi in lei i primi segni di disagio mentale.

Disagio mentale che le procurerà tanta sofferenza fisica e psichica e che la condizionerà e l’accompagnerà per tutta la vita.

Probabilmente senza questi disturbi sarebbe diventata comunque una grande poetessa, ma certamente questa sofferenza, della quale avrebbe fatto volentieri a meno, le ha permesso di toccare i picchi poetici più alti.

A conferma di questo concetto, ho riportato nel sottotitolo la frase dello psichiatra Franco Fornaci che Alda Merini mise ad epigrafe del suo libro “L’altra verità. Diario di una diversa”: “Il manicomio è come la rena del mare. Se entra nell’alveo delle conchiglie genera perle”.

Naturalmente, come ho già detto sopra, per diventare grandi poeti non è necessario avere la sfortuna di incappare in disagi mentali, ma è noto che le parole di una poesia, di una prosa o di una oratoria, sono più commoventi, più coinvolgenti e più belle quando provengono da esperienze e da travagli interiori forti e reali.

Queste sono solo alcune prime considerazioni sulla vita e sulle opere di Alda Merini.

Sicuramente continuerò nella mia piccola ricerca e non mancherò di condividere con voi altri pensieri e altre opere della grande poetessa.

Spero intanto di avervi trasmesso il tarlo della curiosità e dell’interesse.

nonno Antonio

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