Povertà e onestà nel caratteristico borgo di Toline

Carissimi nipotini,
oggi, attraverso un racconto comico e irreale, voglio sottolineare l’importanza dell’educazione all’onestà.

La storia è ambientata a Toline, una frazione del comune di Pisogne, in provincia di Brescia.

È un piccolo borgo molto bello e caratteristico che, dal lago, si arrampica sulle pendici della montagna.

Il borgo è attraversato dalla piccola linea ferroviaria Brescia – Edolo.

Da Toline parte una pista ciclo pedonale che entrando e uscendo da piccole gallerie scavate nella roccia segue il lago offrendo panorami incantevoli che ricordano la famosa via dell’amore di Monterosso.

Mi riprometto di tornarci e suggerisco anche a voi una passeggiata su tutta la sponda bresciana che partendo da Pisogne segue la sponda del lago fino ad arrivare a Sarnico.

Torniamo ora al racconto che costituisce il tema della letterina.

La storia è arrivata recentemente a me attraverso la carissima Giulia, cugina della vostra nonna Lina.

Giulia ricorda di averla spesso sentita raccontare dal suo papà Lino, grande lavoratore e uomo pieno di ottimismo e di spirito.

Lo zio Lino era molto bravo a raccontare certe storie e pensando a lui e al suo sorriso credo che l’avrebbe raccontata più o meno così.

Nella sponda bresciana del lago d’Iseo, nel piccolo borgo di Toline, alla fine del 1800, viveva una piccola comunità fatta da una decina di famiglie.

Le case erano abbarbicate sulle pendici della montagna. Le poche abitazioni erano costruite a destra e a sinistra di un ruscello che in tempi di piena si trasformava in un torrente impetuoso.

L’acqua era fondamentale per la vita delle persone perché ne attingevano per l’uso domestico e, in una radura tranquilla, le donne potevano lavare i panni.

I pochi abitanti trovavano sostentamento principalmente dalla pesca nel lago e da qualche ortaggio che riuscivano a coltivare nel poco terreno che veniva faticosamente strappato alla montagna.

Anche se estremamente povere, le persone avevano una grande dignità, un grande altruismo e soprattutto uno spiccato senso dell’onestà.

A questo proposito si racconta che una giovane ragazza che, per comodità, chiameremo Maria, decidesse di sposarsi.

All’epoca non era insolito che le ragazze si sposassero prima dei vent’anni e Maria ne aveva giusto 18.

Naturalmente nel piccolo paesino non c’erano negozi di abbigliamento e non erano ancora disponibili vestiti in serie confezionati secondo le varie taglie e, anche se fossero stati disponibili, Maria non avrebbe potuto acquistarli.

Ognuno si confezionava da sé i propri abiti utilizzando stoffe più o meno pregiate a seconda della propria disponibilità economica.

Maria, che di soldi non ne aveva, recuperando probabilmente un vecchio abito dismesso ha iniziato a tagliarlo per adattarlo alla sua esile figura.

Al momento di cucirlo si accorse però di non avere il filo quindi, raggranellando quelle poche lire custodite all’interno di un vecchio barattolo di latta nascosto sul fondo della madia, si avviò verso il paese vicino dove c’era una piccola bottega che vendeva un po’ di tutto.

Camminava a testa bassa, sia per la naturale postura, ma anche perché pensava alle difficoltà economiche per arredare l’abitazione in vista del suo imminente matrimonio.

All’epoca le ragazze come Maria difficilmente potevano permettersi una casa da sole e, spesso, finivano in casa con i suoceri i quali riuscivano a ricavare un locale, la camera, che veniva arredato spartanamente con un letto, un armadio e una sedia.

La nuova coppia condivideva poi la cucina e tutto il resto con i suoceri.

Mentre faceva questi pensieri i suoi occhi focalizzarono un cilindretto colorato.

Maria si abbassò a raccogliere l’oggetto e con sua sorpresa si accorse che era una spoletta di filo da cucito, esattamente del colore della stoffa del suo abito.

“Chissà chi lo avrà perso, si disse tra se”.

In condizioni normali sarebbe andata a cercare il proprietario di quella spoletta ma, in quel momento, il bisogno era troppo grande.

Messa in tasca la spoletta fece ritorno alla sua casa dove con il filo trovato riuscì a confezionare  il suo abito da sposa.

Venne finalmente il giorno del matrimonio e, varcando orgogliosa la porta della chiesa a braccetto del papà, si avvicinò all’altare dove la attendeva il suo amato sposo.

La cerimonia fu molto bella e commovente e alla fine i due sposi, mano nella mano si avviarono verso l’uscita per ricevere l’applauso dei parenti e amici.

Nel preciso momento che gli sposi varcarono la porta della chiesa, le cuciture dell’abito si ruppero, il vestito scivolò a terra e Maria si ritrovò praticamente con la sola biancheria intima.

Il gesto suscitò naturalmente le risate di tutti i partecipanti e, mentre lo sposo si affrettava a darle la propria giacca, Maria, rossa dalla vergogna, si precipitò verso casa. 

A questo punto gli venne in mente di aver utilizzato la spoletta di filo trovata per terra senza aver cercato il legittimo proprietario e decise che, mai e poi mai si sarebbe impossessata di una cosa non sua.

Maria ebbe una vita lunga e felice accanto al suo sposo e non dimenticò mai quell’episodio che di tanto in tanto raccontò ai suoi sette figlioli.

Spero che la storiella, oltre a dare un’immagine della povertà della vita rurale di un secolo fa e quindi farci apprezzare maggiormente il benessere di cui godiamo ora, ci possa strappare una sana risata e possa farci capire l’enorme importanza dell’onestà.

Carissimi saluti da nonno Antonio

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