Carissimi nipotini,
prima di entrare nel merito del mio primo impiego volevo approfittare per descrivere brevemente il luogo in cui è avvenuto: Corna di Darfo Boario Terme.
Corna di Darfo è ai piedi della Valcamonica e fa da spartiacque tra la provincia di Bergamo e quella di Brescia. Infatti è il primo paese della provincia di Brescia.
È un simpatico paesino attraversato dal fiume Dezzo, tristemente famoso perché in esso, nel lontano 1923, si incanalarono le acque turbolente della diga del Gleno che provocarono ben 356 morti ufficiali.
L’enorme ferita di allora si è ormai, da tempo, rimarginata e il paese sta acquistando un sempre maggiore valore turistico grazie alle vicine e rinomate Terme di Boario, ma grazie soprattutto alla cura del suo territorio e del suo entroterra ai piedi della montagna ricco di bellezze naturali tra cui ad esempio il lago Moro.
Ma veniamo a noi. Eravamo nell’estate del 1969, dopo la fine della scuola e il conseguimento del diploma di Perito Tessile.
Dopo un breve periodo di riposo in famiglia ho incominciato a guardarmi intorno alla ricerca di un lavoro che però risultò subito piuttosto difficile a causa del periodo estivo e perché, nella zona, le aziende tessili erano poche.
Nell’ottica di un futuro impiego ho pensato di iscrivermi ad un corso di dattilografia così come ho riportato nella mia precedente letterina.
Il corso mi impegnava solamente un paio di pomeriggi alla settimana e quindi, quando mio cugino Giovanni mi propose di andare nell’azienda che lui dirigeva, accettai volentieri.
L’azienda era la torneria meccanica Selmec con sede a Corna di Darfo Boario, lo stesso paese dove seguivo il corso di dattilografia, che quindi potevo tranquillamente continuare a frequentare staccandomi per il tempo necessario alle lezioni.
Questa è quella che dovrebbe essere la sede della vecchia torneria purtroppo ora, come si vede dalla foto, completamente abbandonata.
Uso il condizionale perché sono passati la bellezza di 53 anni e le poche indicazioni che ricordavo e che ho dato al mio amico G., che ringrazio e saluto per la foto che mi ha inviato, non so se gli hanno permesso di localizzare esattamente la sede del mio primo impiego.
Torniamo ora all’autunno del 1969 e al mio ingresso nella torneria.
Già in partenza era chiaro per me e per mio cugino che questo sarebbe stato un lavoro temporaneo in quanto non avevo le necessarie competenze.
Avevo comunque un po’ di dimestichezza con la lavorazione del ferro siccome avevo seguito da sempre il mio papà nei suoi lavori di fabbro.
Per questo motivo mi vennero affidate piccole riparazioni di manufatti in ferro presenti nella fabbrica. Ho potuto poi seguire da vicino le lavorazioni eseguite da questi grossi torni dove si lavoravano anche alberi lunghi oltre sei metri.
La lavorazione dei torni è complessa ed affascinante nello stesso tempo.

Come si vede nello schemino, il pezzo, nel mio caso erano cilindri della lunghezza anche oltre sei metri, ancorato alle due estremità viene fatto ruotare con una velocità regolabile.
Un utensile, di una durezza superiore al metallo che si deve lavorare, penetra per alcuni millimetri e, spostandosi verso la parte integra del pezzo, continua ad asportare trucioli di ferro fino a quando raggiunge l’estremità opposta.
L’operazione viene ripetuta fino ad ottenere il diametro desiderato. Naturalmente questo procedimento è molto schematizzato ma credo serva a far capire il lavoro del tornio.

In questa prima azienda mi sono fermato solo alcuni mesi perché nel frattempo avevo continuato nella ricerca di un impiego nel settore tessile e il 2 gennaio del 1970 iniziavo a lavorare alla Roberts Italia di Albano S.Alessandro, una ditta che produceva e commercializzava macchinari di filatura.
Questo sarà però il tema di una prossima letterina.
Vorrei chiudere il ricordo di questa mia prima esperienza lavorativa con la constatazione che, nonostante non abbia acquisito nozioni specifiche sulle lavorazioni con i torni, è stata comunque un’esperienza positiva perché ho incominciato a prendere contatto con il mondo del lavoro, con le sue regole e con la sua organizzazione.
È stato positivo anche dal lato umano perché ho fatto amicizia con il personale e in particolare con un certo Sig. Nino Cretti, soprannominato “il Baffo” per i lunghi baffi a manubrio che portava.
Solo qualche anno dopo, in casa della mia fidanzata Lina che diventerà poi mia moglie e vostra nonna, ho scoperto che il simpatico Nino era un suo primo cugino.
Nel ricordare il mio cugino Giovanni e il cugino Nino per l’amicizia e le opportunità che mi hanno dato, saluto caramente anche voi dandovi appuntamento alla prossima letterina.
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