Tesi per diploma di perito tessile (la filatura)

Carissimi nipotini,
non so se si usa ancora preparare delle tesine cartacee per l’esame di maturità ma allora, 50 anni fa, era obbligatorio e servivano a presentare e completare la prova di esame.

All’epoca non esistevano i computer e il testo doveva essere tutto dattiloscritto mentre le eventuali illustrazioni dovevano essere eseguite con disegni fatti a mano o illustrazioni incollate.

Naturalmente la parte predominante della tesi doveva essere attinente alla specializzazione scelta. Nel mio caso, trattandosi di un diploma in perito tessile, la gran parte era finalizzata alla spiegazione delle lavorazioni necessarie ad ottenere un tessuto.

Per arrivare alla produzione industriale di un tessuto sono necessari due procedimenti complessi e ben distinti che vengono trattati separatamente e con eguale ripartizione delle ore scolastiche e di laboratorio, nel corso dei cinque anni di Istituto Tecnico.

Queste due operazioni sono:
la filatura e cioè la preparazione del filo che andrà a formare il tessuto.
– la tessitura e cioè l’incrocio dei fili, normalmente due serie di filati che prendono il nome di ordito e trama.

In questo primo libro ho cercato di descrivere tutte le lavorazioni necessarie per arrivare alla bobina di filo partendo dalle varie fibre disponibili in natura (cotone , lino, lana, seta) o da quelle sintetiche ottenute con processi chimici.

Le nostre nonne sintetizzavano questa complessa operazione industriale con il semplice fuso con il quale, nelle lunghe sere d’inverno, nella penombra e nel tepore della stalla, riuscivano a trasformare la lana ricavata dalla tosatura delle proprie pecore, in un filato grezzo e grossolano che però dava la possibilità di confezionare maglie e calze rustiche che ben riparavano dai rigori dell’inverno.

Nella parte iniziale della mia tesina di filatura, accanto all’immagine di un fuso ho cercato di illustrare questa operazione con il disegno schematizzato riportato sopra che spero dia un’idea di come, partendo da un fiocco di fibre varie, sia possibile arrivare ad un filo di una grossezza e una resistenza che dipende da molti fattori, ma che comunque è funzionale alla successiva operazione di tessitura.

Il principio della filatura industriale non è molto diverso da quello descritto dal disegno e realizzato in modo primordiale del fuso.

In pratica si tratta di cercare di parallelizzare le fibre, riducendole ad un fascio di dimensioni via via sempre più sottili a seconda del diametro del filo che si deve ottenere, per poi ritorcerle su se stesse in modo da tenerle assieme dando compattezza e resistenza al filo stesso.

Industrialmente il valore della dimensione di un filato, viene chiamato titolo e al suo interno si divide ulteriormente in titolazione diretta (rapporto tra peso e lunghezza) e titolazione indiretta (rapporto tra lunghezza e peso) .

Questo valore, che è quello che viene usato commercialmente, non si riferisce quindi al diametro ma al peso di una certa quantità di filo ed è strettamente legato al diametro delle singole fibre misurato in micron, al tipo e al numero di fibre che compongono il filo e ai giri di torsione che gli vengono dati.

Nell’uso casalingo, il filo che le nostre mamme e nonne tengono a disposizione nel loro cestino da lavoro, è quasi sempre un cucirino di cotone che utilizza una titolazione indiretta che viene sintetizzata con la sigla Ne (numero inglese cotone).

Questa titolazione è inversamente proporzionale alle dimensioni del filo (più il numero è alto e più il filato è sottile).

Senza entrare ulteriormente in particolari tecnici, si può affermare che il processo industriale di trasformazione di un fiocco di fibre in filato è molto lungo e complesso.

Questo procedimento è quanto sono andato a descrivere nelle oltre 100 pagine della mia tesina, corredandolo di foto di macchinari e di calcoli per la loro impostazione.

Alla fine della descrizione di tutte le operazioni di filatura ci era stato chiesto di progettare un ipotetico stabilimento che fosse in grado di produrre una determinata quantità giornaliera di filato.

Nella realizzazione grafica della piantina dell’intero stabilimento mi sono fatto aiutare da mio fratello Giancarlo che all’epoca aveva ultimato il corso di disegnatore tecnico e approfitto di questo spazio per ringraziarlo pubblicamente.

Aver ripreso in mano questa tesi ha scatenato in me un turbinio di ricordi. Ricordi di lunghe e faticose ore di studio, ma anche di soddisfazione per essere riuscito a sviscerare e a comprendere cosa c’è dietro quello che può essere considerato un banalissimo filo di cotone.

Quindi cari nipotini, affrontate con impegno ma anche con gioia i numerosissimi anni di studi che vi attendono perché la cultura e il sapere sono sì necessari per approdare ad un lavoro che vi garantisca un discreto tenore di vita, ma sono necessari anche per favorire una crescita interiore completa soddisfacendo al desiderio di sapere e comprendere innato nell’uomo.

Ora vi saluto caramente dandovi appuntamento alla prossima letterina nella quale vi parlerò del tema del secondo libro della mia tesi: la tessitura.

Un caro saluto dal vostro nonno Antonio

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