Carissimi nipotini,
per descrivere il breve periodo di vacanze di quest’anno, ci siamo permessi di utilizzare le parole di una famosa canzone degli anni ’60.
La canzone, scritta da Mogol e Soffici, è stata lanciata nel 1963 dal romagnolo Piero Focaccia e nello stesso anno è stata incisa anche dalla celebre Mina.
È diventata ben presto il tormentone di quell’estate e di molti altri fino a diventare l’”icona”, il “modo comune” per definire le ferie ripetute nello stesso posto.
Il testo della canzone parla della simpatia che è nata tra un ragazzo e una ragazza durante le vacanze dell’anno precedente e il ragazzo si rivolge a lei supplicandola di non cambiare destinazione in modo da potersi ancora incontrare e rivivere i dolci e teneri momenti della precedente stagione.
Per noi, “…stessa spiaggia, stesso mare…” ha significato passare alcuni giorni sereni in compagnia di una coppia di nostri carissimi amici (Gabriella e Gabriele che salutiamo caramente e ringraziamo per i tanti momenti di condivisione), nel contesto della graziosa cittadina di Cattolica, ospitati e coccolati dall’ottimo servizio e dalla simpatia del personale dell’Hotel Panorama.
A questo proposito ci piace ringraziare e salutare nominativamente la Sig.ra Sonia, la Sig.ra Lory, assieme a tutto il personale addetto alla distribuzione dei pasti e alla pulizia delle camere.
Un ringraziamento particolare va al nuovo cuoco Sig. Mauro che, coaudiavato dall’aiuto cuoco, ci ha deliziato con piatti sempre nuovi, belli alla vista e soprattutto buoni al palato.
Grazie ancora per la grande professionalità, gentilezza e umanità.
Per noi, “…stessa spiaggia, stesso mare…” è stato il piacere di alcuni momenti crogiolati al sole dopo esserci bagnati nel tranquillo mare della Romagna.
Per noi è stato il piacere di lunghe camminate sulla battigia fino a raggiungere il molo chiacchierando tranquillamente del più e del meno o evocando i progressi e la simpatia dei reciproci nipotini.
Per noi è stato il piacere della condivisione dei sapori e della gioia della tavola.
Per noi è stato il piacere delle passeggiate serali tra le bancarelle e i negozi della cittadina.
Per noi è stato il piacere delle passeggiate sulla battigia, al mattino presto o alla sera tardi, con l’occhio rivolto verso il mare.
In queste camminate la mente, liberata dai tanti impegni quotidiani e alimentata dallo spettacolo emozionante che terra, mare e cielo riescono sempre a suscitare, si è lasciata andare a piacevoli e misteriosi pensieri ed emozioni.
In questo contesto ci è venuto in mente la poesia “Mare” scritta dal celebre poeta Giovanni Pascoli, romagnolo di San Mauro di Romagna che sicuramente ha potuto godere a lungo dello spettacolo e delle emozioni di questa sua terra che lambisce il mare e li ha descritti in una delle sue celebri poesie.
A quell’epoca, siamo alla fine del ‘800, non c’era ancora l’abitudine né probabilmente le possibilità di trascorrere delle vacanze lontano da casa e il godimento del fascino del mare era limitato agli abitanti delle coste.
Il poeta infatti, alla fine di una giornata normale e in attesa di andare a dormire, osservava il mare direttamente dalla finestra di casa sua.
In questi momenti il poeta era solo di fronte alla grandezza e al mistero della natura che gli suscitava immagini poetiche e interrogativi esistenziali.
Mare
M’affaccio alla finestra, e vedo il mare:
vanno le stelle, tremolano l’onde.
Vedo stelle passare, onde passare;
un guizzo chiama, un palpito risponde.
Ecco, sospira l’acqua, alita il vento:
sul mare è apparso un bel ponte d’argento.
Ponte gettato sui laghi sereni,
per chi dunque sei fatto e dove meni?
È quell’immaginario ponte d’argento che suscita gli interrogativi più antichi e misteriosi della vita dell’uomo, a dare un’impronta positiva e filosofica alla poesia.
Il fatto che il poeta immagini un ponte tra terra, mare e cielo, è la conferma che la bellezza della natura muove nell’uomo i sentimenti più profondi e apre alla speranza di una vita più piena.
Con questo pensiero e “attraverso questo ponte immaginario” vogliamo raggiungere e abbracciare i nostri figli, le nostre nuore, i nostri cinque nipotini e mandare un saluto a tutti quanti ci conoscono e ai lettori di questa piccola rubrica.
Nonno Antonio e nonna Lina
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