La felicità nei piccoli gesti quotidiani

“Sai, io provo piacere anche al pensiero del semplice gesto di mettermi le calze ogni mattina”
(da una battuta filosofica del mio compagno di collegio Giuseppe Previtali)

Carissimi nipotini,
spesso veniamo presi dalla frenesia di inseguire grandi sogni, viaggi nelle mete più esclusive, progetti di successo nell’ambito lavorativo, sportivo, sociale e tendiamo a sottovalutare la quotidianità.

Naturalmente io non faccio eccezione e spesso sono tentato da questi pensieri ma, in questi momenti in cui molti spostamenti e attività sono state ridotte a causa del Covid e all’età di 70 anni, mi sono trovato a rivalutare positivamente la mia quotidianità e voglio raccontarvi i gesti di una mia giornata tipo.

Ora che sono in pensione, potrei dormire fino a tardi ma, per indole e abitudine, mi sveglio sempre presto. Siamo ai primi di giugno e albeggia molto presto.

Attorno alle cinque incomincio a guardare l’ora proiettata sul soffitto della camera e mi impongo di rimanere sdraiato almeno fino alle sei.  A quell’ora mi alzo e per prima cosa faccio colazione con la tradizionale scodella di latte (circa mezzo litro) che un po’ sorseggio e poi riempio, a saturazione, con pane e biscotti.

Mentre faccio colazione seguo le notizie del telegiornale. Il rito della colazione mi è sempre piaciuto e, poterlo fare con calma seguendo le notizie del giorno, mi dà particolare soddisfazione.

Finita la colazione, accendo il computer e controllo la posta dei due indirizzi mail rispondendo qualora sia necessario. Leggo le notizie sui quotidiani locali e porto avanti per una mezz’ora le letterine che ho in corso.

Ho quasi sempre qualcosa da scrivere: letterine per ricordare le ricorrenze e i compleanni dei miei familiari; letterine per esprimere vicinanza, nei momenti belli e in quelli meno belli, di parenti e amici; piccole relazioni per i gruppi di volontariato; letterine per questa piccola rubrica e per gli ospiti di una casa di riposo.

La scrittura, pur non avendo alcuna ambizione letteraria, è un hobby che mi è sempre piaciuto e mi dà parecchie soddisfazioni tanto che a volte mi alzo al mattino già con il pensiero di aggiungere qualcosa o di mettere in campo un’idea per una nuova letterina.

Finita la colazione e il momento al computer, è tempo di andare a dar da mangiare ai miei piccoli animali: 4 galline e 3 coppie di pappagalli inseparabili.

Assieme al cibo quotidiano do un’occhiata ai contenitori dell’acqua. Ritiro se ci sono delle uova e controllo se i pappagalli stanno tutti bene. Attualmente è iniziata la cova per una coppia e quindi verifico quante uova sono state deposte segnandone il numero sul calendario.

Incomincia l’aspettativa per la nascita della nuova covata ed è il momento di seguirli con più attenzione e sostenerli con un cibo appropriato.

Anche questo piccolo lavoro quotidiano mi dà soddisfazione perché i piccoli animali mi conoscono (un pappagallo prende addirittura il cibo dalla mia mano) e, sapendo che a quell’ora vado a dargli da mangiare, quando mi sentono, già da lontano iniziano a chiamarmi con i loro versi. Questa operazione la ripeterò poi un altro paio di volte nel corso della giornata.

A questo punto della mattina, se non devo andare da nessuna parte (fare la spesa o andare a prendere qualche nipote), vado nell’orto. In questo periodo dell’anno, l’orto è in pieno sviluppo e c’è sempre qualcosa da raccogliere, qualche lavoro da fare, qualche progresso da seguire.

Messi gli stivali inizio la raccolta delle zucchine che metto in un cestino, mentre in un altro metto i fiori maschi. Do un’occhiata alle piante di pomodori. Qua e la c’è da legarne qualcuna ai sostegni, c’è un po’ di erba da togliere tra una pianta e l’altra.

Guardo anche le piantine di fagiolini: sono cariche di boccioli, tra una quindicina di giorni potrò raccogliere i primi frutti. Per adesso strappo un po’ di erbacce e muovo la terra.

Questa operazione è particolarmente importante perché anche il terreno ha bisogno di respirare. Il mio nonno Giovanni Maria riusciva a sopperire a periodi di siccità proprio con la pratica quasi quotidiana di areare il terreno.

Do un’occhiata alle piante di patate per verificare che non siano attaccate dai parassiti, in quel caso cerco di rimuoverli manualmente senza l’uso di prodotti chimici.

Risalendo l’orto, controllo il filare dei kiwi. I fiori sono ormai tutti caduti e quindi si può vedere quali di essi sono stati fecondati. Da un rapido controllo sembra che sarà una buona annata.

Quest’anno sto provando a coltivare anche le zucche e ho preparato una rete sulla quale farle arrampicare, ma bisogna intervenire aiutando i rametti ad infilarsi tra una maglia e l’altra della rete.

Dopo pranzo, se posso, faccio volentieri una pennichella di una ventina di minuti e poi. se non ho niente di urgente da fare, mi rilasso un momento con un po’ di lettura, una passeggiata attorno al paese, un altro momento nell’orto sfruttando le zone in ombra e si arriva all’ora di cena.

Ultimo, ma non certo per importanza, sono i tanti momenti di condivisione giornaliera con mia moglie Lina (la vostra nonna). Il piacere di un caffè bevuto assieme; il sedersi assieme a tavola parlando degli avvenimenti quotidiani; qualche partita a carte nei pomeriggi piovosi, e poi assieme sul divano la sera per un po’ di rilassamento guardando qualche programma televisivo.

Questo è il racconto di una giornata “normale”. Giornate come queste sono alternate con altre più piene di impegni esterni come la spesa, la cura e la compagnia dei nipotini o qualche impegno di volontariato.

Credo che sia un giusto equilibrio di vita e, alla fine della giornata, mi giro indietro a guardare quello che ho avuto. Ringrazio per la salute e per i momenti belli che mi sono stati donati e incomincio a pensare e a programmare la mia giornata di domani che inizierà con i piccoli gesti di sempre.

A questo proposito mi vengono in mente le parole che un mio carissimo compagno di collegio mi diceva quando vedeva qualcuno un po’ giù di tono:

“Sai, io provo piacere anche al pensiero del semplice gesto di mettermi le calze ogni mattina”. 

Era un modo, forse un poco strano, per ribadire che la felicità sta anche nel semplice gesto quotidiano di infilarsi le calze perché questo gesto ci fa pensare all’alba di una nuova giornata.

È l’aspettativa del domani che “spazza via le foschie quotidiane” e ci apre la mente e il cuore per vedere e per apprezzare le gioie delle persone e delle cose che ci circondano.

Nonno Antonio

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