Volpino: il nuovo forno degli zii

Carissimi nipotini,
il percorso lavorativo dei miei zii materni, dopo averci fatto conoscere il paesino di Pietracamela e la cittadina di Lovere, ora ci porta nel paesino di Volpino.

Credo sia d’obbligo spendere due parole di introduzione per far conoscere questo piccolo paese altrettanto bello, antico e ricco di storia come i precedenti.

Volpino, come già Lovere, ha origini antichissime. Le notizie che riporto le prendo in prestito da un bellissimo lavoro letterario, edito nel 1976 da Don Martino Campagnoni, parente della nonna Lina da parte della sua nonna Rosa che di cognome faceva appunto Campagnoni.

Da questo volume prendo in prestito anche la foto della copertina, dove si intravvede il paese e lo sperone roccioso sul quale si innalzava il castello che, per la sua posizione strategica, fa a lungo oggetto di contenzioso tra la città di Bergamo e Brescia.

Il paese era già noto al tempo della dominazione romana e sembra che il suo nome derivi dal fatto che il borgo, immerso nei boschi che degradavano verso la montagna, all’epoca fosse popolato da un nutrito numero di volpi.

Lo sperone che sorreggeva il castello era costituito da un prezioso materiale di alabastro gessoso chiamato appunto “Volpinite”. Questo materiale, nel passato è stato oggetto per lunghi anni di prelievi molto richiesti per l’utilizzo in campo artistico (vedi per esempio le due statue seicentesche poste ai lati dell’altare della Madonna di S, Luca nella chiesa di S. Maria del Carmine di Brescia).

Venne usato anche dall’edilizia civile anche se, per la sua tendenza ad assorbire acqua e quindi degradarsi e con il tempo trasformarsi in gesso, doveva essere impiegato solo per interni.

Rimando l’eventuale approfondimento delle notizie storiche, alla consultazione del numeroso materiale cartaceo e in rete, mentre mi piace chiudere questa piccola presentazione con le parole che lo stesso Don Martino Campagnoni ha usato per descrivere il suo paese natale:

“Volpino è un caratteristico paese, posto a circa 300 metri sul livello del mare; la sua posizione si presenta graziosa, quasi civettuola con le sue strade strette e le sue case diverse e di svariatissime strutture.

L’ambiente naturale è bellissimo, regna una tranquillità, l’aria fischia nelle orecchie e ciò fa pensare che nelle giornate afose d’estate, qui sia sempre ventilato. Le case sono state abbellite, ammodernate e dotate di buoni e confortevoli servizi”.

A margine del centro abitativo ammodernato sono rimaste alcune cascine caratteristiche che ricordano la vocazione agreste di questo borgo. Ne riporto una tratta dallo stesso testo di Don Martino

Dopo questa descrizione quasi poetica e che lascia trapelare la nostalgia della quiete del paese nativo di Don Martino e che spero vi abbia suscitato la curiosità e l’interesse per una visita, ritorno alle notizie autobiografiche e alla terza esperienza di panificazione da parte dei fratelli della mia mamma.

Con l’apertura dell’attività di panificazione a Volpino (siamo attorno all’anno 1946), fu aperto un punto vendita di alimentari nei locali adiacenti al forno e uno di solo rivendita anche nella casa natale di Castelfranco.

Naturalmente il pane veniva fornito direttamente dal forno di Volpino. Il forno e i due punti vendita occuparono a pieno tutti i fratelli, Santo e Letizia non sposati e Guglielmo e Paolo ai quali si affiancarono successivamente anche le relative mogli.

Più avanti, Guglielmo e la sua famiglia si staccò dalla società dei fratelli e, dopo una breve parentesi di gestione di una trattoria a Clusone, rilevò un forno a Trucazzano per poi spostarsi definitivamente a Mozzo continuando nell’attività di panificazione.

Nel forno di Trucazzano, inizialmente e per un certo periodo, si cimentò anche il mio cugino Adolfo (figlio di Martino) in qualità di garzone.

Ne approfitto per ricordare questo mio cugino, mancato recentemente, che tra l’altro è stato il mio padrino del battesimo. Di lui conservo un ottimo ricordo.

Ricordo per esempio che il giorno della mia prima Comunione e Cresima (ricevute contemporaneamente all’età di 6 anni e quindi nel lontano 1956), con la sua macchina, accompagnò me e tutta la mia famiglia a Mozzo a trovare la famiglia del mio zio Guglielmo.

Per quell’epoca in cui spostarsi era raro e difficile, questo viaggio mi sembrò una grande avventura.

Ricordo ancora quando in sella ad una moto di grossa cilindrata che, sotto la sua mole, sembrava scomparire, passava da casa mia e non mancava mai di fermarsi per un saluto.

Ricordo anche il periodo in cui ha fatto il camionista e mi sembra di vederlo ancora passare da casa mia con il camion carico di blocchi di gesso che dalle cave di Castello portava ai frantoi in pianura.

Il suo sorriso, il suo carattere buono, unito alla sua importante presenza fisica mi ha sempre spinto a definirlo un “Gigante buono”.  A lui e alla sua famiglia va il mio grazie e il mio affetto.

Nell’attività di Volpino rimasero i due fratelli non sposati (Santo e Letizia) a cui si aggiunse per parecchi anni il nipote Claudio, fratello di Adolfo, mentre la rivendita di Castelfranco la portò avanti, assieme alla moglie Maria, il fratello Paolo.

Ho recentemente raccolto alcune testimonianze da mio cugino Claudio relative alla sua presenza lavorativa nel forno di Volpino. Queste testimonianza sarà il tema della prossima letterina autobiografica.

Un caro saluto da nonno Antonio

Le fotografie sono tratte dal libro “Costa Volpino” di Martino Campagnoni

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