Carissimi nipotini,
prima di riprendere il racconto autobiografico dei miei zii, vorrei segnalare a voi e ai lettori la cittadina di Lovere.
E’ nata sulla sponda nord occidentale del lago d’Iseo e ai piedi della Valle Camonica. Ha origini antichissime! Infatti si sono ritrovate tracce di insediamenti risalenti al IV secolo a.C..
E’ inserita in un paesaggio mozzafiato dove si passa dall’azzurro dell’acqua, ai colori sgargianti delle case che si inerpicano su per la collina, al verde dei boschi, per finire con il grigio delle rocce e il bianco della neve delle montagne che fanno da corona all’alta Valle Camonica.
La sua passeggiata sul lungolago, i suoi collegamenti via battello con Montisola, Sarnico e i paesi della sponda bresciana, la sua storia, le sue chiese e i suoi monumenti fanno della cittadina una meta turistica imperdibile e a portata di mano.
Per tutti questi motivi, è stata annoverata nel club dei borghi più belli d’Italia.
Nell’attesa che la tremenda pandemia da Covid venga sconfitta e permetta alle persone di spostarsi con sicurezza e quindi poter visitare questo grazioso borgo, torno alla storia della famiglia della mia mamma che tanti anni fa rilevava un’attività artigianale proprio in questa cittadina.
Nella precedente letterina ci eravamo lasciati al ritorno dei miei zii materni dalla trasferta a Pietracamela in Abruzzo dove avevano gestito per alcuni anni, senza molto successo, un forno per la panificazione e l’annessa rivendita alimentare.
Eravamo all’inizio della seconda guerra mondiale e si respirava un’aria di tensione sociale che induceva, per chi non era richiamato al fronte, a rifugiarsi nella protezione dei propri affetti e dei propri paesi.
La tensione sociale si trasformò rapidamente in paura, sacrifici e ristrettezze economiche. Credo che un paio dei miei zii furono richiamati al fronte mentre quelli rimasti a casa si siano arrabattati aiutando il papà nel lavoro del mulino e nella attività di campagna che assieme agli animali da cortile garantivano un minimo di sostentamento.
Attorno al 1944, i fratelli rimasti a casa ritentarono la fortuna nell’attività di panificazione, prendendo in affitto un forno con annessa rivendita di alimentari nella piazza vecchia della cittadina di Lovere.

I miei zii Letizia e Santo si guadagnarono ben presto la fiducia, la stima e l’amicizia della popolazione e tra questi conobbero, instaurando un rapporto particolare, il professor Remigio Michich.
Più tardi, così come citato nella letterina: “Gli anni delle scuole medie…” del 15-5-20, il professore diventerà il mio insegnante di disegno e influenzerà positivamente la mia vita futura.
Nonostante l’attività di panificazione fosse bene avviata, dopo solo un paio d’anni l’avventura di Lovere si concluse perché nel frattempo si presentò l’opportunità di acquistare un vecchio edificio con annesso forno e rivendita alimentare nel paese di Volpino.
Questa nuova soluzione fu preferita perché poteva contare su alcuni aspetti positivi. Era di proprietà e non più in affitto. Era molto più vicina al paese natale di Castelfranco che si poteva raggiungere a piedi. Permetteva l’ampliamento del volume di lavoro e l’occupazione di tutti i fratelli.
L’acquisizione di questa nuova attività a Volpino coincise di fatto anche con la fine della collaborazione della mia mamma nell’attività di panificazione dei fratelli. Infatti nel 1946, dopo il rientro dalla guerra del mio papà, la mia mamma si sposò e lasciò la casa paterna di Castelfranco per trasferirsi nella casa dei suoceri alla Rondinera dove inizierà la sua vita di coppia ponendo le basi per la mia nascita e per quella dei miei due fratelli.
Un caro saluto da nonno Antonio
L’immagine di copertina è di Katty Piazza
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