Carissimi nipotini,
purtroppo il “coronavirus” ha momentaneamente interrotto la possibilità di recarmi in ospedale a svolgere il mio servizio di volontario presso il reparto di medicina dell’Ospedale di Merate.
L’AVO è un’associazione di volontariato nazionale (letteralmente: Associazione Volontari Ospedalieri) che si occupa di visitare ed aiutare gli ammalati nelle corsie dei reparti.
Ai vari volontari aderenti all’associazione, dopo un corso iniziale, vengono assegnati dei turni con i quali si cerca di coprire l’intera settimana (mezzogiorno e sera) di una parte dei reparti (medicina, chirurgia e traumatologia).
Avendo incominciato questo servizio ormai 13 anni fa quando ancora lavoravo, la mia scelta allora era caduta necessariamente sul sabato a mezzogiorno e tutt’ora mantengo questo turno.
In attesa di poter riprendere questo piccolo servizio voglio ricordare uno degli ultimi incontri particolarmente toccante e con lui tutti i volontari e gli ammalati che, mai come in questo momento, avrebbero bisogno di un conforto morale.
Sabato scorso, mentre stavo parlando con un paziente, un infermiere è venuto a chiamarmi dicendomi: “Se vuoi salutare il tuo ex collega Giovanni (questo è il nome di fantasia che gli darò), è nella stanza n. 4 a visitare un paziente”. “Grazie, termino qui e poi vado a salutarlo”.
Mi sono recato quindi nella stanza n. 4 e ho trovato, seduto accanto al letto un signore anziano e piuttosto trascurato nel vestire, ma con una signorilità nei modi e nel linguaggio che mi ha stupito. Istintivamente si è alzato per salutarmi accennando un inchino reverenziale, ma io l’ho pregato di rimanere seduto.
Ha esordito dicendo: “Sai tanti anni fa anch’io ho fatto il tuo stesso servizio, ma ora non lo posso più fare perché ho ormai 90 anni”. La conversazione si è poi allargata a tre infatti il paziente che era venuto a trovare, un extracomunitario sulla cinquantina con grossi problemi di salute che chiamerò Davide, è intervenuto dicendo: “Il sig. Giovanni è una persona specialissima. Pensi che da anni mi ospita in alcuni locali di casa sua, non solo senza chiedermi niente di affitto, ma addirittura ogni tanto mi dà anche del denaro per poter fare un po’ di spesa. Credo proprio che sia unico”.
Il Sig. Giovanni si è sottratto a questi complimenti dicendo che i locali che presta gratuitamente rimarrebbero comunque vuoti perché avrebbero bisogno di ristrutturazione e che comunque per lui, ogni uomo è un fratello e quel poco che può fare lo fa volentieri.
Davide è intervenuto nuovamente dicendomi: “Ma lo sa che il Sig. Giovanni si sposta ancora con la bicicletta e anche oggi è venuto con quella?”. “Complimenti” gli faccio io.
L’orario del mio turno è a cavallo del mezzogiorno, infatti dopo essermi intrattenuto con i vari pazienti presenti in quel momento nel reparto, seguo il carrello della distribuzione in quanto il compito del volontario Avo è anche quello di aiutare gli ammalati, con qualche difficoltà nell’uso delle mani, nella preparazione del pranzo (preparare il tavolino pieghevole; mettere la bavaglia; aprire le confezioni monouso di formaggio, olio, sale; aprire la bottiglietta d’acqua, tagliare la carne o sbucciare la frutta).
All’arrivo del vassoio del Sig. Davide, il Sig. Giovanni mi dice: “Io mi ispiro a San Francesco e non mangio mai a mezzogiorno”. Certo che il Sig. Giovanni è veramente un personaggio speciale e unico.
Dopo aver salutato il Sig. Giovanni e il Sig. Davide augurando loro ogni bene, sono uscito dalla camera e nel corridoio ho incontrato l’infermiere di prima al quale ho accennato del mio incontro e della singolarità del Sig. Giovanni.
“Quello che hai visto e sentito non è ancora niente. Anche i media recentemente si sono occupati di lui, prova a consultarli”.
“Grazie, non mancherò” e con questa frase mi sono congedato da lui e ho lasciato il reparto per far ritorno a casa.
Il giorno dopo consultando internet sono andato a documentarmi sulla storia del Sig. Giovanni e quello che ho saputo lo ha reso ancora più speciale.
Il Sig. Giovanni è originario di un paese non lontano da qui. E’ un ex professore che conosce e parla perfettamente otto lingue. Da sempre si è distinto per l’attenzione e l’amore per il suo paese e per i suoi concittadini con gesti quotidiani e concreti. Un paio d’anni fa è arrivato anche a donare una cospicua porzione del proprio terreno alla comunità.
L’ultimo gesto che ha commosso tutto il paese e non solo, è stata una lettera, scritta di suo pugno e appesa al cancello di casa sua, nella quale nel fare gli auguri di buon anno ai suoi concittadini, chiede scusa per eventuali future mancanze nei loro confronti dovute ad uno stato “psico fisico” che lui ha paura vada deteriorandosi a causa dell’avanzare dell’età.
E’ veramente un “Signore”, un uomo di altri tempi, un esempio di umiltà, generosità e altruismo (così lo ha definito il sindaco del suo paese) e io sono orgoglioso di averlo potuto conoscere.
Ho voluto mettere per iscritto la figura di questo grande uomo perché nel nostro ambiente quotidiano, anche senza arrivare alla donazione totale del Sig. Giovanni, possiamo tutti cercare di essere più gentili, cordiali e solidali con chi ci vive accanto.
Più avanti avrò sicuramente modo di ritornare a parlare di questo particolare tipo di volontariato e soprattutto della ricchezza degli incontri.
Cari saluti
da nonno Antonio
Famigliaontheroad è un blog in continuo aggiornamento! Se volete rimanere aggiornati, seguiteci sui nostri account social Instagram e Facebook.