Via alla fase 2, la fase dell’incertezza: andrà tutto bene?

E’ partita oggi la fase 2 dell’emergenza Coronavirus. Un momento in cui, ancora una volta, si fa appello al senso civico della popolazione, al distanziamento, all’utilizzo dei dispositivi di protezione individuale.

Una fase cruciale che, nel giro di 2/3 settimane, ci dirà se siamo in grado di andare avanti, di allentare nuove misure o se, invece, saremo costretti a fare un passo indietro. La fase dell’incertezza

Cosa succederà? Impossibile dare una risposta. La sensazione è soltanto una: se dovesse andare bene, sarà soltanto (o quasi) per la serietà e l’osservanza delle regole dei cittadini e per una botta di fortuna. Perché sembra di capire che questi 2 mesi non siano serviti alle istituzioni per organizzare una macchina in grado di affrontare nuovi focolai, nuovi contagi che inevitabilmente avverranno.

Ascoltavo ieri la risposta totalmente evasivo del Commissario Straordinario Arcuri ad una domanda rivoltagli da Fabio Fazio durante l’appuntamento settimanale di Che tempo che fa.
«Qualora domani in un’azienda vi fosse un dipendente con febbre e chiari sintomi da coronavirus, siamo organizzati per fare un tampone, controllare tutti i possibili contatti del soggetto e isolare il possibile focolaio?».

La risposta? Non è arrivata. Una tacita ammissione che l’Italia riapre affidandosi al senso civico e al caso. Perché il problema non è stato affrontato con serietà e diligenza e se faremo un passo indietro questa volta non potrà essere per colpa dell’inciviltà dei cittadini.

E i bambini? Invochiamo da tempo un’attenzione diversa alla fascia di popolazione più giovane. Attenzione verso le loro famiglie che non sanno come sia possibile lavorare e curarli contemporaneamente e che vivono l’incertezza del futuro.

Manca un progetto, le scuole verosimilmente non riapriranno per questo anno scolastico e già si parla di una ripartenza a settembre a classi dimezzate. E le scuole dell’infanzia? Gli asili nido?
Sono conscio sia difficile fare previsioni sul medio termine ma è indispensabile che ci si riorganizzi per riaprire.

L’Italia riparte e non può ripartire se non riparte anche il mondo della scuola. Inevitabilmente alcuni genitori perderanno il posto di lavoro e si allargherà ancora di più il divario sociale uomo-donna.

Personalmente guardo ogni giorno i miei figli con un po’ di preoccupazione. Mi pesa sapere che per loro non si è fatto nulla (o troppo poco) e che, soprattutto, non vi sia un piano definito che permetterebbe a loro (e a noi) di guardare al futuro con serenità.

Andrà tutto bene? Speriamo, speriamo.

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