I bambini sono stati praticamente dimenticati dei Decreti ministeriali per il Coronavirus. Sembra che i loro diritti non siano considerati prioritari. Socialità, educazione, istruzione: non andrebbero inseriti tra le cose più importanti da gestire in questa emergenza? Come pensiamo che i genitori possano continuare (o ritornare) a lavorare con scuole chiuse e nonni in quarantena?
Questi e molti altri sono i dubbi che caratterizzano le nostre giornate e le giornate di chi, come noi, vive questa pandemia accanto ai bambini. Abbiamo provato a rivolgere alcune domande al Prof. Alberto Pellai, voce autorevole e stimata per tutto ciò che riguarda il mondo dell’infanzia.
Nel ringraziarlo per le usuali disponibilità e gentilezza, lasciamo spazio alle sue risposte.
Bambini e coronavirus. Abbiamo 3 bambini (il più grande ha 4 anni e mezzo). I decreti ministeriali sembrano essersi completamente dimenticati della prima infanzia. Quali conseguenze sta pagando questa fascia di popolazione a causa della clausura forzata?
I bambini stanno vivendo fuori dal principio di realtà. Per loro, soprattutto per i piccolissimi, il vantaggio in queste settimane è avere a disposizione i genitori a tempo pieno. Mamma e papà sono con loro dal mattino alla sera, cosa che normalmente capita solo nei giorni di festa e in vacanza.
Però a loro manca tutto il resto: il loro corpo è compresso, la socializzazione è negata, le scuole sono chiuse. Questo faciliterà i processi di dipendenza dall’adulto e porta, in molte famiglia, all’evidenziarsi di comportamenti regressivi.
Molti bambini sono tornati a dormire nel lettone o hanno ricominciato a fare la pipì a letto, segnale che questa condizione di clausura è per loro fonte di disagio e squilibrio emotivo.
Quali le differenze per i bambini più grandi e per gli adolescenti?
Gli adolescenti hanno molta più autonomia e capacità di autodeterminarsi e organizzarsi. Inoltre per loro la scuola ha quasi subito messo a disposizione un’aula virtuale in cui tutte le attività della giornata scolastica consueta sono state “travasate”.
I bambini invece non hanno queste competenze di autogestione e la scuola non può diventare tutta virtuale. Per loro, spesso, la giornata rappresenta un lungo tempo vuoto e sospeso che viene riempito in modo adeguato solo se i genitori trovano il modo di essere “nutrienti” in modo adeguato e nonostante i molti limiti imposti dal tempo di reclusione.
In altri Stati europei si può uscire, fare una passeggiata, evitando ovviamente assembramenti. In Italia quando un paio di settimane fa una circolare del Viminale chiariva che un genitore poteva uscire nei pressi della propria abitazione in compagnia di un figlio si è alzato un “polverone” esagerato. Perché i diritti dei bambini non sono considerati prioritari?
Perché l’Italia è la nazione in cui la pandemia ha colpito in modo massiccio e, nelle prime settimane, incontrollabili. Il contagio in alcune regioni, è diventato un pericolo per la salute collettiva e il diktat dei politici è diventato il “confinamento” di tutti in casa, senza eccezioni di sorta.
In molti hanno temuto che permettere ai bambini di appropriarsi di spazi di movimento e libertà avrebbe comportato un rischio eccessivo per la salute pubblica. Nel breve termine questo approccio si sta rivelando utile per il contenimento del contagio.
Ma a medio e lungo termine dovremo pagare il conto della sofferenza “emotiva” e “psichica” dei bambini. Per fortuna, però, i minori sono dotati anche di grande flessibilità e plasticità neurobiologica e se nelle prossime fasi potranno ritornare ad una vita adeguata ai loro bisogni, qualora ben supportati dal mondo adulto, riprenderanno la loro crescita e si lasceranno alle spalle questo periodo così faticoso.
Le scuole pare non riapriranno per quest’anno scolastico e ci sono dubbi anche su una riapertura a settembre. Nel frattempo molti continuano a lavorare e altri presto torneranno in uffici e aziende. E i bambini?
Oltre ad un discorso pratico che ci riguarda in prima persona (ovvero che è impossibile lavorare con i bambini a casa e i nonni in quarantena), non dovrebbe essere prioritario pensare ad una ripartenza della scuola (parallelamente a quella del “lavoro”) con tutti gli accorgimenti del caso (lezioni all’aperto, turnazioni, utilizzo di spazi più ampi come teatri, parchi…)? Qual è la Sua idea?
Penso che dovrà essere creato un piano ad hoc per supportare i bambini durante i mesi estivi. Presumo che potrebbero essere utile campus residenziali sportivi e di animazione per l’infanzia, ai quali ammettere minori, previo sottoposizione degli stessi a tampone o analisi dello stato sierologico.
Bisognerà inoltre sviluppare attività in microgruppo, probabilmente di quartiere o addirittura di cortile, con animatori di strada. Non ci saranno centri estivi sovraaffollati, ma si dovrà pensare a micro-comunità gestite e sostenute da animatori ed educatori di strada.
Siamo ormai a due mesi dall’inizio di questa quarantena. Se all’inizio si è cercato di gestire la situazione con “grinta”, positività e forza, oggi rischiano di prevalere stanchezza e pessimismo. Ha qualche prezioso consiglio per noi genitori?
Direi che stiamo vivendo tutti la “sindrome del maratoneta” che dopo il trentesimo chilometro si trova incapace di proseguire la sua corsa perché il corpo non ha più energia e non lo sostiene. In quel caso, il maratoneta fa ricorso alle sue tecniche di “resistenza interiore”.
Se non può correre con l’energia del corpo, usa allora l’energia della mente. Siamo tutti capitani di una zattera che si trova in aperto mare e nel bel mezzo di una tempesta. Forte è la stanchezza e spesso viene la tentazione di mollare: ma se guardiamo chi c’è sulla nostra zattera, ovvero i nostri figli, sappiamo che vale la pena rimanere solidi e compatti, al comando di questa situazione difficile. Se noi ce la facciamo, ce la faranno anche loro con noi.
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Grazie per questa Intervista al dott. Pellai.
Le sue parole mi confortano sempre. Io in questo momento sto vivendo la fase pessimistica… Ma devo proprio pensare a chi c’è sulla zattera e quindi rimboccarmi le maniche per i bimbi!
Grazie.
Pellai ha sempre le parole giuste (al momento giusto).
Come negli altri contributi che ci ha regalato in passato, è sempre illuminante.
Grazie per il tuo commento.
Ho letto con molto interesse ogni singola riga.
la zattera ci aiuterà a sopravvivere in questo mare in tempesta c’è lo auguriamo davvero, non sarò semplice, ma dobbiamo farcela per noi e per i nostri bambini
Grazie per questa riflessione a cui sembra che i 1000 decreti giornalieri che ascoltiamo sembrino ignorare ma a cui ogni genitore sta pensando. Soprattutto noi mamme. Credo che non sia assurdo pensare ad una riapertura anche parziale, a gruppi delle scuole, in particolare quelle dell’infanzia dato che sono i più piccoli i soggetti a rischio a livello “psicologico”. Questa quarantena ha bloccato un percorso importante della loro crescita e del loro essere parte di contesti sociali e di gruppo. Credo che più che una app che tracci il mio stato di salute, ognuno di noi non avrebbe alcun problema a farsi un tampone o un esame del sangue e a farlo fare ai nostri bimbi per permettergli di tonare alla socialità. Ogni famiglia si sta facendo in 4 per far stare il meglio possibile i propri figli, ma non possiamo ri-creare in casa un contesto sociale. Non è la baby sitter la persona corretta, ma almeno un contesto minimo di socialità che permetta di riportare i bambini ad una dimensione di normalità per quanto è possibile. Dato che in ogni caso la riapertura comporterà lo smart working anche una riapertura scaglionata delle scuole, (in particolare quelle dell’infanzia) all’aperto, anche con mascherine (facciamo finta che sia carnevale) si possa fare.
Credo che al primo posto ci sia la sicurezza
Pensare al rientro alla scuola dell’Infanzia anche in piccoli gruppi può essere fattibile
Ma pensiamo che nella fascia di età 3/6 anni il contatto fisico con l’adulto con i compagni viene spontaneo
I giochi andrebbero disinfettante a ogni scambio
I servizi igienici si usano non ad orari E le dinamiche sono a volte imprevedibili……
Si vivrebbe ogni giorno con l’ansia del contagio, credo che i genitori assillerebbero i figli con 1000 raccomandazioni…non devi fare questo,non devi fare quello…,
I docenti vivrebbero con ansia la quotidianità,
E a questo punto proviamo a pensare le ripercussioni sulla sfera psicologica di tutti,
Si devono avere delle garanzie che ad oggi non ci sono .
A tutti manca la scuola , bambini , genitori , docenti, speriamo che chi sta valutando queste opportunità tenga in considerazione tutte le dinamiche e faccia scelte Sicure.