Carissimi nipoti,
la riflessione di oggi l’ho intitolata in modo ironico e provocatorio: “La voce del silenzio”.
Questo è anche il titolo di una famosissima canzone di Andrea Bocelli ma, mentre nella canzone il silenzio serve a rievocare dolci ricordi di un amore perduto, in questo caso serve a far riflettere sulla necessità di ritagliare, nell’arco delle nostre giornate, dei momenti di silenzio interiore.
Sempre più spesso i giovani, ma anche gli adulti, sono circondati e immersi in suoni, rumori e immagini. Suoni, rumori e immagini che lasciano sempre meno occasioni alla mente di trovare quei momenti di “silenzio” che sono fondamentali per la salute del nostro cervello e, in generale, per la salute fisica e psichica di tutta la persona.
Il silenzio non è da intendersi semplicemente e solamente come assenza di suono, infatti il silenzio assoluto non esiste.
Il silenzio è piuttosto l’assenza di suoni, rumori e immagini fastidiose che impediscono al cervello di pensare. Durante il sonno il nostro cervello elabora le emozioni e le esperienze del giorno appena passato. Le analizza, le organizza, le archivia e scarta quelle meno importanti.
Durante questo lavoro non è insolito che il nostro cervello trovi la soluzione ad un problema che ci aveva assillato la giornata precedente facendoci apparire chiaro quello che prima non riuscivamo a vedere. Il vecchio adagio “La notte porta consiglio” appoggia il suo fondamento proprio in questo concetto.
Questa funzione del cervello durante il sonno è fondamentale per la sua rigenerazione, ma spesso non è sufficiente ed è auspicabile che avvenga anche durante le ore di veglia. Trovare dei momenti lontano da fonti di inquinamento acustico e visivo, momenti nei quali riusciamo ad estraniarci e lasciamo che il nostro pensiero vada libero quasi a “ruminare” le emozioni e gli avvenimenti correnti, aiuta a concentrarsi, a risolvere problemi di studio, di lavoro e in generale di vita quotidiana.
Comunque per chi volesse approfondire il tema, l’ampia letteratura scientifica mette a disposizione una grande abbondanza di studi e di materiale che comprovano questa tesi.
L’idea, o meglio la necessità di parlare del silenzio, l’ho avuta recentemente leggendo un romanzo di Fabio Volo, “Un posto nel mondo”. All’interno ho trovato una bella riflessione sul silenzio e ho pensato di condividerla. Per meglio capire questo pensiero è necessario spendere alcune parole per inquadrare il contesto in cui maturano questi pensieri.
Michele, il protagonista del romanzo, arriva a provare questi sentimenti dopo una vita mediocre e disordinata. Scosso della morte tragica e improvvisa del carissimo amico Federico, abbandona tutto (lavoro, famiglia, amicizia e paese) e se ne va all’estero in cerca di se stesso.
Atterrerà sull’isola di Boa Vista (Capo Verde) per incontrare Sophie, la compagna del suo amico Federico e consegnarle il regalo che lui gli aveva comperato nella sua ultima visita in Italia. Michele si troverà subito a suo agio e poco dopo regalerà il suo cellulare, ultimo strumento che lo collegava al suo vecchio mondo, a Sabi, un abitante del posto e si immergerà in lavori manuali per la ristrutturazione di un “posada” circondato da una natura
incontaminata.
Dopo alcuni mesi e dopo una violenta crisi che gli aveva fatto desiderare di abbandonare tutto e ritornarsene nelle comodità e alle sicurezze della sua vita precedente, troverà finalmente il suo equilibrio. Incomincerà a vedere e sentire le persone e le cose che aveva sempre avuto vicino, con occhi e orecchie diverse.
Ecco quindi che scoprirà il valore e la bellezza del silenzio e, attraverso a quello, tanti altri valori.
“Rimanevo volentieri da solo in silenzio. Il silenzio è stato uno degli incontri più affascinanti e misteriosi di quel periodo, tanto che anche oggi non posso più farne a meno. Il silenzio è una delle abitudini della mia nuova vita.
Perché è stato il silenzio, la relazione intima con la natura e la sua contemplazione, a regalarmi un incontro con una
parte di me. Quella con cui mi sono fidanzato.
E’ stato il suo suono, la sua voce, la sua delicata melodia a portarmi nel regno dei significati. Fino ad insegnarmi che potevo galleggiare sui silenzi profondi e lasciarmi trasportare liberamente, senza fatica, da una forza misteriosa che cominciavo a riconoscere in ogni cosa.
Nelle ore della mattina e della notte, quando tutti i suoni si placavano, il silenzio diventava ogni giorno un’affascinante proposta, diventava infinite possibilità di essere. Il silenzio diventò un premio. Non era più un’assenza, ma abbondanza.
I giorni scorrevano, come tramonti che sembravano simili ma ogni volta danno un’emozione diversa. Stavo bene. Bene nel profondo…”.
Certamente questa riflessione è rivolta agli adulti ma mi è stata suggerita guardando il mondo dei bambini. Quanto più il mondo degli adulti apprezzerà questi valori, tanto meno lascerà che i bambini siano in balìa, o meglio “siano tenuti a bàlia”, dagli strumenti tecnologici sempre più sofisticati che ci circondano e che rischiano di “rubarci il pensiero”.
Mi scuso per avervi richiesto, data la seriosità dell’argomento, una particolare concentrazione nella lettura e vi do appuntamento alla prossima letterina sperando in un argomento più leggero.
Nonno Antonio
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