Nuova intervista per la rubrica di Famigliaontheroad dove incontriamo mamme italiane che si sono trasferite all’estero. Perché lo facciamo? Per capire come funzionano le cose fuori dall’Italia per quanto riguarda gravidanza, diritti per le famiglie e altri dettagli. Uno spazio che sta diventando sempre più ricco!
Questa volta è il turno di Chiara Elia, una mamma romana che vive in Spagna da alcuni anni e che, tra le altre cose, gestisce un blog interessante (https://chiaraelia.com/). Grazie ancora a lei per la disponibilità e per la ricchezza di informazioni!
Ci racconti in poche parole la tua storia? Come e perché sei finita in Spagna?
Un pomeriggio di fine maggio del 2013 il mio datore di lavoro mi convoca e mi svela che avrebbe voluto mettere sua figlia al mio posto. All’inizio sono rimasta interdetta, avevo trentatre anni con delle rate da pagare, uno stipendio mi era comodo. Il mio datore però lo sapeva (eravamo in buoni rapporti) che mi ero stancata.
La mia laurea in Sociologia con master in risorse umane mi richiedeva di cercare altro. Quella sera ne parlai a casa in famiglia e il giorno dopo ero decisa. L’indomani comunicai al mio datore di lavoro che il primo settembre dello stesso anno me ne sarei andata. Così dopo otto anni di lavoro lì cercavo un’altra strada e la vita mi ha donato la possibilità di trasferimi a Barcellona a settembre 2013.
Ci sono stati altri fattori determinanti, tra cui l’amore, ma questa è un’altra lunga storia che scriverò un giorno su un libro o svelerò in qualche articolo del mio blog “Come vivere da mamme all’estero”. La città di Barcellona già la conoscevo perché una delle mie più care amiche romane ci viveva dal 2003. Ogni volta che ne avevo occasione ribadivo ai miei genitori che non avrei mai lasciato Roma. Mai dire mai!
Pur essendo una romana doc, sono sicura di aver fatto la scelta giusta, soprattutto per crescere i miei figli. Ogni volta che andavo a trovare la mia amica a Barcellona pensavo che Roma l’avrei potuta lasciare solo per una città così e così è andata. Fu l’inizio della mia storia barcellonese.
Fare figli in Spagna: quale assistenza si riceve durante la gravidanza?
Durante la prima gravidanza non avevo ancora il NIE, cioè il permesso di residenza spagnolo, perciò ho usufruito dei servizi gratuiti ospedalieri presentando la mia tessera sanitaria italiana/europea e il passaporto.
Durante la seconda gravidanza invece ho usufruito delle prestazioni e dei controlli gratuiti in ospedale, quali analisi del sangue, ecografie, visite grazie al NIE. Durante i nove mesi di gravidanza a Barcellona il punto di riferimento è il Cat Salut, o meglio lo studio medico pubblico che tocca per quartiere, dove si ha un’assistenza continua con un’ostetrica.
Anche il corso preparto si fa lì. Non si incontrerà mai un ginecologo, a meno che la situazione in gravidanza non presenti dei problemi. Spettano tre ecografie, la morfologica e le analisi trimestrali, più assistenza ostetrica continuata, tutto gratuito. Mi sono trovata davvero bene. So di mamme con assicurazioni, che hanno scelto la via del privato, ma non è una mia diretta esperienza.
Dopo la nascita quali sono i diritti per mamme e papà?
Per quanto mi riguarda quando ero incinta non lavoravo, perciò non ho goduto di questi diritti. Ne ha usufruito invece mio marito. Rispondo a questa domanda dopo essermi informata proprio qualche giorno fa. Ho trovato le informazioni sul sito della Generalitat, l’organo istituzionale catalano che governa e amministra la comunità autonoma della Catalogna.
Dopo la nascita, l’adozione o l’accoglienza di un bambino, le madri e/o i genitori che lavorano possono godere di un periodo di pausa di lavoro legalmente stabilito. Inoltre, si ha un sussidio per coprire la perdita economica causata da questa interruzione del lavoro. Questo vantaggio è assunto dal National Institute of Social Security (INSS) e rappresenta il 100% dello stipendio.
Nel caso delle madri si ha diritto a un periodo di riposo di 16 settimane ininterrotto, estendibile in diversi periodi in caso di nascita, adozione o ricevimento multiplo, disabilità e ricovero in ospedale del bambino. Le prime 6 settimane sono obbligatorie per la madre, il resto può essere condiviso con il padre o anche dimettersi.
A partire dal 1° aprile 2019, i genitori (o l’altro genitore, nel caso di coppie dello stesso sesso) hanno diritto a un periodo di riposo di 8 settimane. Il periodo è esteso anche in caso di nascita, adozione, nascite multiple, disabilità o ricovero in ospedale del bambino.
In entrambi i casi, il periodo di riposo può essere effettuato a tempo pieno o part-time.
A seguito della sentenza della Corte suprema del 3 ottobre 2018, le prestazioni pubbliche per la maternità e la paternità ricevute dalla sicurezza sociale sono esenti dall’imposta sul reddito delle persone fisiche. Questa modifica si applica ai benefici dal 2014 e il rimborso dell’imposta sul reddito delle persone fisiche può essere richiesto via Internet fino al 2017.
Dall’anno 2018 l’esenzione dall’imposta sul reddito delle persone fisiche viene elaborata nella dichiarazione dei redditi.
Lascio il link catalano per chi fosse interessato.
Viene garantita un’assistenza economica ai figli da parte dello Stato? Se sì. in quale misura?
L’assistenza alla nascita o all’adozione è offerta dalla Seguridad Social (Sicurezza Sociale) in un unico pagamento di 1000 euro, a condizione che non si abbia un determinato livello di reddito e che appartenga a uno di questi tre casi:
- famiglie numerose, per nascita o adozione;
- famiglia monoparentale, per nascita o adozione;
- quando la madre ha una disabilità superiore al 65%, a condizione che la nascita sia stata prodotta nel territorio spagnolo o sia stata costituita o riconosciuta da un’autorità spagnola competente.
Inoltre ci sono aiuti per le famiglie numerose. Per ottenere questo tipo di aiuto è essenziale avere il titolo che accrediti la famiglia numerosa, sia di categoria generale (tre o quattro figli) che di categoria speciale (cinque o più figli).
Esiste una detrazione specifica per le famiglie numerose, che può essere applicata alla dichiarazione dei redditi o ricevere un pagamento anticipato al tasso di 100 euro al mese. Gli importi sono stabiliti come segue:
– detrazione di € 1.200 per famiglia numerosa;
– detrazione di € 2.400 per la categoria speciale;
– detrazione di € 1.200 per famiglie con bambini con disabilità.
Tra l’altro ci sono varie agevolazione anche per le adozioni.
Capitolo istruzione: ci sono differenze sostanziali rispetto al sistema italiano?
Mio marito ed io abbiamo deciso di tenere i figli a casa con la mamma fino al compimento del terzo anno di età, per poi entrare nella scuola. Il primo anno di materna in Catalogna, comunità autonoma della Spagna si chiama P3.
In questo modo abbiamo evitato l’asilo nido, abitudine molto comune a Barcellona, perché si vanta una tradizione di madri lavoratrici. Le scuole, come in Italia, sono pubbliche, concertate e private. Per quanto riguarda l’orario non c’è possibilità di scelta tra tempo normale, fino alle ore 13, e tempo pieno, fino alle ore 16:30.
In Catalogna i bambini rimangono a scuola minimo fino alle ore 16:30 in tutte le scuole, pubbliche e private. L’AFA, l’associazione delle famiglie, organo autonomo alla scuola, ma che esercita all’interno di essa, organizza attività extrascolastiche dopo l’orario.
I genitori che vogliono aderirvi, quasi tutti, pagano una scuola annuale di 40 euro. L’AFA oltre ad organizzare attività extrascolastiche all’interno della scuola, come pattinaggio, calcio, danza, teatro… a prezzi accessibili, organizza anche le feste gratuite che si svolgeranno durante tutto l’anno, soprattutto la cena di benvenuto e quella di fine anno.
Le scuole sono lo specchio della società barcellonese, o meglio presentano etnie differenti, bambini che provengono da tante nazionalità, non solo catalana o spagnola. La lingua ufficiale nella scuola come nelle istituzioni è il catalano, lo spagnolo si insegna come l’inglese come lingua straniera.
A Barcellona è presente un percorso di studi italiani attraverso la scuola ministeriale italiana che va dall’asilo fino al liceo scientifico. Mio marito ed io abbiamo a lungo pensato di mandarci i nostri figli, per trasmettergli la ricca cultura nostrana, ma purtroppo la scuola è lontana da casa nostra e avvicinarcisi è difficile, perché inserita in uno dei quartieri più residenziali di Barcellona.
Ami scrivere: come coniughi questa tua passione con la gestione dei figli?
La mia passione per la scrittura nasce quando ero bambina. Inoltre sono una fervida lettrice. Ho una maturità classica e una laurea in Sociologia con tesi di laurea in Sociologia della famiglia. Dal 2008 ho tirato fuori dal cassetto i miei scritti e ho pubblicato tre libri di poesia, due di favole e un romanzo, ricevendo dei riconoscimenti.
Il mio romanzo “Storie trasteverine” (2016) è un omaggio a un quartiere di Roma che ho amato molto, Trastevere. Ho iniziato a lavorare a diciannove anni per pagarmi gli studi universitari, fino ai trentaquattro, poi con la maternità mi sono fermata, ho deciso di dedicarmi ai miei due figli,facendo la mamma a tempo pieno, rimandando la ricerca del lavoro.
Ora manca poco e ricomincerò presto ad inserirmi di nuovo nel mercato del lavoro, almeno lo spero! Mio figlio più piccolo ora ha trentadue mesi, andrà a scuola il prossimo settembre. La mia figlia più grande invece ha cinque anni ed è già inserita nella scuola catalana.
Ora che i bimbi sono più grandi e leggermente più autonomi sento il bisogno di riappropriarmi della mia passione per la scrittura. Per questo motivo circa tre mesi fa, a luglio 2019 ho aperto un blog dal titolo “Come vivere da mamme all’etero – Esperienze di una mamma italiana a Barcellona”. Quando scrivo mi sento realizzata e capisco ogni giorno di più che questa è la mia strada.
Cosa ti manca di più dell’Italia?
Mi piace vivere a Barcellona, è una città ben organizzata con rispetto per le famiglie. Si gira bene a piedi, con i mezzi pubblici, il taxi costa poco rispetto a Roma. Fermo restando mi manca molto mia mamma, i miei fratelli, le amiche care.
Come italiana poi mi manca il cibo italiano fatto bene. A Barcellona per fortuna ci sono vari ristoranti e pizzerie italiani, dove uno si può togliere lo sfizio, quando urge la voglia di sapori nostrani. Di Roma mi manca anche la simpatia delle persone, la battuta pronta, il calore umano, l’arte, la storia, il centro storico, gli occhi di bue (dolci secchi), la pizza al taglio.
Perché consiglieresti (se lo faresti) ad una famiglia di trasferirsi in Spagna?
Non posso parlare per tutta la Spagna, mi riferirò alla mia esperienza a Barcellona, in Catalogna. Ogni posto ha i lati positivi e negativi, ma trovo che la vita a Barcellona sia più comoda che a Roma. Sono contenta di crescerci i miei figli.
I catalani sono per cultura un popolo cortese, ben organizzato e con un grande senso civico. La città si gira a piedi, il quartiere è concepito come un piccolo paese nella città, a misura di famiglie, i servizi sono facilmente raggiungibili senza prendere i mezzi (centro medico, mercato, scuola, parchi, supermercati etc etc).
A Roma per ogni cosa bisogna prendere la macchina. Mi ricordo che i primi giorni a Barcellona chiamavo mia mamma e le dicevo: ”Mamma, qui giro a piedi!”. Ci tengo a dire che ho aperto il mio blog “Come vivere da mamme all’estero” proprio per spiegare le differenze che ci sono tra vivere a Barcellona e a Roma. Vi invito a leggere i miei articoli per approfondire questa mia risposta e a lasciare i commenti.
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Ciao, sono una ragazza italiana di Bergamo che ha una relazione a distanza con un ragazzo di Barcellona, da 4 anni. Ho 35 anni e mi piacerebbe avere il coraggio di trasferirmi la’. Ma ho mille paure per il lavoro. Mi è stato molto utile leggere il tuo blog. Senza il nie quindi si può fare visite gratuite e partorire a Barcellona senza problemi? Grazie di cuore
Ciao Consuelo, se vuoi prova a contattare Chiara (trovi le sue “coordinate” nell’articolo…). Auguri per tutto!
Ho letto queste esperienze di mamme italiane all’estero… Che strano constatare che tutto sommato in Italia abbiano un sistema (teórico), tra i migliori, ma allo stesso tempo, vivere in questa città, piuttosto che quella, cambia radicalmente l’esperienza, il confort ma soprattutto la possibilità di vivere una gravidanza serena… Sono di Padova e tra alti e bassi, io e la mia compagna abbiamo ricevuto un trattamento d’elite comparato ad altre esperienze sia in Italia che fuori dall’Italia.
Fa piacere che, quantomeno legalmente, la gravidanza in Italia sia molto protetta… Poi però, ogni giorno si sentono storie da film horror…
Secondo me, l’Italia non è così tanto indietro in comparazione al resto d’Europa… Probabilmente ci sono troppe differenze tra aree geografiche e aiuti sociali in base alla categoria d’appartenenza… Però nonostante tutto, il sistema è studiato bene ed è molto family friendly…c’è di meglio, ma anche di peggio..
Ciao Emanuele, grazie per il tuo commento. Con queste “interviste” ho cercato di dare un quadro europeo della genitorialità. Diciamo che ci sono alcuni stati che prevedono più diritti per le mamme e per i papà.
Detto questo in Italia, seppur vi sia qualche lacuna, c’è anche un problema di “cultura”.
Io, per esempio, ho fatto il periodo di allattamento al posto di mia moglie e ad oggi, da 4 anni, usufruisco del congedo parentale a ore (che spetta a tutti i papà!). Ecco, per questi motivi credo che molti mi vedano come uno sfaticato, altri come un “mammo”. Credo invece sia giusto e doveroso, se possibile, prendersi i propri diritti e le proprie responsabilità.