Carissimi nipoti,
eravamo rimasti alla notizia che, verso la fine del terzo anno di avviamento professionale, io avevo vinto un concorso regionale che mi permetteva di accedere e frequentare gratuitamente i 5 anni di superiori che mi avrebbero portato al conseguimento di un diploma. Trattandosi di un lascito alla memoria di un industriale tessile, l’orientamento degli studi era strettamente vincolato al conseguimento del diploma di perito tessile.
Il concorso era stato organizzato dal Rotary Club di Milano Est al quale probabilmente il compianto Mario Lucioni (questo era il nome dell’industriale che aveva pensato e messo a disposizione questa borsa di studio) era associato. Durante il periodo del concorso e dei miei studi ho avuto alcuni contatti epistolari con gli eredi, contatti che però si sono completamente interrotti al conseguimento del mio diploma. Ricordo comunque con grande ammirazione e riconoscenza questa figura e la sua famiglia e mi piacerebbe che, magari attraverso questo blog, si potessero recuperare dei contatti. A loro parziale soddisfazione vorrei dire che ho messo a frutto il mio diploma perchè ho lavorato per tutta la vita nel campo della tessitura e in particolare approfondendo e affinando sempre più le mie conoscenze nel disegno e nella tessitura Jacquard. Anche questa notizia credo si approfondirà maggiormente nel corso delle successive lettere.
All’epoca non sapevo minimamente in cosa consistesse la specializzazione di perito tessile e questo contribuiva ad accrescere i miei dubbi e le mie paure. Inoltre il pensiero di dover lasciare per la prima volta il mio paese spaventava me ma anche la mia famiglia. Non deve essere stato un periodo tanto facile, perchè si trattava di decidere se accettare o meno questo stravolgimento della mia vita e della mia famiglia. D’altronde non si poteva perdere un’opportunità del genere e quindi, dopo un po’ di ripensamenti, di discussioni in famiglia e di consigli di parenti decidemmo di accettare.
Non sono mai stato in grado di quantificare il valore di questo concorso, ma sicuramente 5 anni di collegio nel prestigioso convitto in via Pignolo (vitto, alloggio e perfino spese mediche in caso di bisogno) e di scuola nell’istituto tecnico allora chiamato “Esperia” nella città di Bergamo (libri, cancelleria varia e materiale scolastico occorrente) penso che potevano valere una piccola fortuna e sicuramente una cifra che la mia famiglia non si sarebbe mai potuta permettere.
Presa la decisione, l’estate che precedeva l’inizio dell’anno scolastico non è stata tanto serena per me e per la mia famiglia perché il pensiero e i preparativi per il collegio hanno condizionato tutte le mie giornate. Ricordo ancora la mia povera mamma seduta sulla sua “seggiolina da lavoro” vicino alla finestra, mentre attaccava dei piccoli numerini di riconoscimento a tutta la biancheria che avrei dovuto portare e, probabilmente dentro di lei, avrà provato amarezza e qualche volta avrà dovuto soffocare le lacrime. Era la prima volta che mi allontanavo da casa, dai miei affetti familiari, dalle mie abitudini, dai miei amici. Fosse successo al giorno d’oggi l’impatto sarebbe stato meno pesante per me e per la mia famiglia perchè si poteva benissimo gestire la vicenda con una partenza al lunedì mattina e un rientro a casa a fine settimana ma all’epoca io rientravo a casa solo una volta ogni due mesi.
Il mantenimento e la continuazione della borsa di studio, era legato ad un impegno serio dello studente scelto, impegno misurabile con una buona media di voti anche se non ricordo quale fosse. Questo fatto, unito ad un orgoglio personale di fare bene per dimostrare anche ai miei genitori le mie capacità, ha fatto sì che io iniziassi e continuassi la mia partecipazione con un impegno, una forza d’animo e una caparbietà che spesso si sostituivano ad una intelligenza forse non particolarmente pronta o veloce nell’apprendere.
L’indirizzo scolastico di perito tessile aveva il tempo pieno e si andava a scuola anche il sabato mattina. Il resto delle ore, soprattutto la mattina presto, lo dedicavo interamente allo studio. Prediligevo, come d’altronde ancora adesso, la mattina presto perché la mia mente era più libera e pronta a ragionare e ad accogliere nozioni, ma qualche volte il sonno si affacciava e allora arrivavo persino a bagnarmi la nuca per rimanere sveglio. Qualche volte mi chiedo se ho fatto bene ad impegnarmi così tanto e soprattutto in un periodo in cui i programmi didattici erano ancora molto legati ad un apprendimento mnemonico a fronte di una mia memoria che allora, come per il resto della mia vita, non è mai stata molto brillante.
Se a questo fatto si aggiunge la necessità di fare bene e un carattere fondamentalmente ansioso e insicuro che spesso si emozionava a volte fino ad andare in panico di fronte ad un’interrogazione o a un compito in classe, si può capire la fatica che ho fatto a portare a termine con un certo risultato i miei studi di perito tessile.
Ricordo alcuni miei compagni di classe e di collegio che affrontavano con molta più tranquillità e con un impegno decisamente inferiore del mio i loro studi e che a volte raggiungevano un risultato pari o addirittura superiore al mio.
In particolare in collegio, il rinomato convitto di via Pignolo doveva costare parecchio perchè era frequentato al 99 % da ragazzi di buona famiglia (infatti, per i ragazzi meno abbienti in città c’era il patronato S.Vincenzo), i quali non sempre brillavano per l’impegno perché non dovevano dimostrare niente a nessuno, ma dovevano semplicemente riuscire a conquistare il diploma per entrare poi con “un titolo” nell’azienda di famiglia.
Ricordo, ancora come fosse ora, il mio primo giorno di collegio. Anche allora le scuole incominciavano a settembre e mia madre mi fece indossare un paio di calzoncini corti anche se la stagione e l’ambiente avrebbero richiesto un abbigliamento più pesante e più elegante. Non porto rancore a mia mamma per questo fatto, perchè mi avrà certamente messo il meglio che poteva e quello che lei pensava giusto per l’occasione. Ricordo ancora adesso di essere in mezzo al grande cortile del convitto con queste braghette corte, circondato da tanti “signorini” che a me sembravano usciti da un salone di moda e che mi guardavano con aria mista tra commiserazione, disprezzo e presa in giro.
Più avanti, la mia testardaggine e il mio impegno mi permisero di bagnare loro il naso nel rendimento scolastico facendo cambiare la loro opinione nei miei confronti. Questi fatti stanno a dimostrare, cari nipotini, che la vita non è sempre facile, ma è proprio attraverso le difficoltà e le eventuali umiliazioni che si rafforza il carattere perché al nostro interno si scatenano quelle forze positive che ci fanno reagire e ci fanno, a volte, raggiungere obbiettivi che mai avremmo pensato di essere in grado di ottenere.
Quindi vi invito, e con voi tutti i giovani, a porvi degli obiettivi sani, positivi e importanti per la vostra vita futura, a non prendervela con i vostri genitori o con la società se non riuscite subito a realizzarli e ad impegnarvi con tutto voi stessi nella realizzazione e vedrete che, pian pianino, li raggiungerete.
Con queste notizie e queste riflessioni vi lascio momentaneamente per continuare in una successiva lettera la mia vita e le mie esperienze nel convitto di via Pignolo.
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