P&G Italia ha deciso di fare un bellissimo regalo ai suoi dipendenti. I neo-papà potranno usufruire di otto settimane di congedo totalmente retribuite per poter stare più vicini alla propria famiglia.
Tale iniziativa ci ha particolarmente colpito, anche perché particolarmente sensibili al tema.
Abbiamo avuto il piacere di parlarne con la Dott.ssa Sagramora, Direttore Risorse Umane Procter & Gamble Sud Europa. Grazie a Lei e a tutto il suo staff per la disponibilità.
Otto settimane di congedo retribuite per i neo-papà: in cosa consiste precisamente questa possibilità per i Vostri dipendenti?
La misura prevede un congedo della durata di 8 settimane consecutive da richiedersi nei primi 18 mesi dalla nascita o dall’adozione del bambino e dopo i giorni di congedo obbligatorio previsti dalla legge. Il congedo viene concesso ai dipendenti che diventano padri, o genitori in una coppia dello stesso sesso, in contemporanea con il congedo parentale previsto dall’Inps. Per le 8 settimane previste, P&G si impegna a integrare le previsioni di legge al 100%.
Se da un lato è evidente il vantaggio per i neopapà, dall’altro è più “nascosto” il vantaggio che ne trae l’azienda. Ci spiega perché Procter & Gamble Italia ha fatto questa scelta?
Crediamo fermamente che la diversità della organizzazione apporti un valore aggiuntivo sui nostri risultati di business. Nonostante siano stati fatti passi in avanti negli ultimi anni, la “gender diversity” rimane un’area di opportunità soprattutto in alcune funzioni ed ai livelli più alti dell’organizzazione. Il cosiddetto “gender gap” è determinato da elementi organizzativi e culturali, spesso legati a stereotipi sul ruolo della donna e dell’uomo in ambito professionale, sociale e familiare.
Siamo convinti che questa iniziativa non solo aiuti i neo-papà a sviluppare una sensibilità diversa nei confronti delle esigenze della genitorialità e li renderà più aperti verso le colleghe donne che affrontano una gravidanza, ma che possa anche contribuire a rompere i suddetti stereotipi, restituendo ad entrambe le parti, la libertá di scegliere come organizzare la propria vita familiare e professionale in modo piu’ equilibrato, condividendo maggiormente diritti e doveri.
Il “problema” italiano è anche e soprattutto culturale. Quali sono state le reazioni dei Vostri dipendenti alla notizia di questa iniziativa? Crede che ci sarà una grande adesione o molti preferiranno non usufruirne temendo che ciò possa rappresentare un ostacolo al percorso professionale?
Si, l’aspetto culturale esiste e non lo sottovalutiamo. Abbiamo dialogato molto con la nostra organizzazione prima di implementare la nuova procedura per capire meglio le opportunità, le necessità, le barriere, le possibili resistenze. Questo non è infatti solo l’introduzione di una nuova procedura ma un vero e proprio cambio culturale e, come tale, richiederà un dialogo aperto e continuo a tutti i livelli della organizzazione.
Gli studi dimostrano che i Millennials sono molto più interessati a programmi che supportano il bilancio vita lavoro e la genitorialità rispetto alle aspettative delle generazioni precedenti. Infatti, per quanto comprendiamo ci sia qualche naturale resistenza iniziale da parte di alcuni, abbiamo trovato anche una grande disponibilità ed entusiasmo, sia da parte del Top Management che dei molti giovanissimi che si sono interessati all’iniziativa.
I primi esempi di papà che usufruiranno della procedura faranno da esempio per gli altri. Con il tempo speriamo che diventi normale richiedere il permesso, senza nessun timore o barriera.
Un congedo obbligatorio anche per i papà (erogato e deciso a livello politico) favorirebbe una vera parità dei sessi nel mondo del lavoro sia in termini di carriere sia in termini di retribuzione. E’ d’accordo? Sarebbe un vantaggio anche per il mondo delle imprese?
Sì, credo che sia un passo importante in quella direzione. Molte ricerche dimostrano che il congedo di paternità è una leva importante per rompere gli stereotipi di genere nel mondo del lavoro, ridurre la disoccupazione femminile e il pay gap tra uomo e donna.
Molti paesi europei del resto si sono già mossi in questo senso con risultati positivi. Noi riteniamo che sia vantaggioso per tutti (papa’, mamme, famiglie, aziende e stato) e, anche se suppone un investimento, il ritorno in termini di welfare, produttività, risultati di business sarà senza dubbio positivo.
Avete in cantiere altre simili iniziative? Supportate in altri modi i dipendenti che mettono al mondo figli?
Abbiamo già molte iniziative a sostegno della flessibilità sul lavoro (part-time verticale e orizzontale, flessibilità di orario in entrata ed uscita, circa il 60% della popolazione manageriale in smart-working, di cui più del 40% uomini).
Per intervenire sull’aspetto più culturale, P&G sostiene progetti come MARC (“Men Advocating Real Change”) indirizzato alla sensibilizzazione del mondo maschile sul tema della parità di genere e dei pregiudizi. Partecipiamo inoltre a “Ispiring girls”, progetto promosso da ValoreD, associazione di imprese che promuove la diversità, il talento e la leadership femminile, per dialogare con le ragazze delle scuole secondarie mostrando concreti esempi di modelli positivi ai quali ispirarsi.
Infine, con l’obiettivo di creare le condizioni per un rientro dalla maternità più sereno e produttivo, P&G insieme ai partner INTOO ed Eutròpia, propone il programma “Neo Mamme e Neo Papà a Lavoro”, sul reinserimento professionale dopo il periodo di assenza per il congedo di maternità e “Genitori al lavoro” un workshop sui temi della genitorialità, dedicato ai dipendenti con genitori anziani e/o con figli piccoli o adolescenti, per aiutare ad affrontare i momenti in cui e’ piu’ difficile bilanciare vita professionale ed esigenze familiari.
L’immagine di copertina è di Maeka Alexis