Carissimi nipoti,
anch’io, prima di diventare nonno, ho avuto la fortuna di diventare papà di due bellissimi bambini. Due bambini che oggi sono diventati uomini e che, a loro volta, sono diventati papà. Pensando a loro, ma pensando anche al mio papà Pietro, voglio ricordarlo e tramite lui ricordare e festeggiare tutti i papà del mondo, con questo simpatico racconto che racchiude una morale profonda.
E Dio creò il padre
Quando il buon Dio decise di creare il padre, cominciò con una struttura piuttosto alta e robusta.
Allora un angelo che era vicino gli chiese: ”Ma che razza di padre è questo? Se i bambini li farai alti come un soldo di cacio, perchè hai fatto il padre così grande? Non potrà giocare con le biglie senza mettersi in ginocchio, rimboccare le coperte al suo bambino senza chinarsi e nemmeno baciarlo senza quasi piegarsi in due!”.
Dio sorrise e rispose: “E’ vero, ma se lo faccio piccolo come un bambino, i bambini non avranno nessuno su cui alzare lo sguardo”.
Quando poi fece le mani del padre, Dio le modellò abbastanza grandi e muscolose.
L’angelo scosse la testa e disse: “Ma…mani così grandi non possono aprire e chiudere spille da balia, abbottonare e sbottonare bottoncini e nemmeno legare treccine o togliere una scheggia da un dito”.
Dio sorrise e disse: “Lo so, ma sono abbastanza grandi per contenere tutto quello che c’è nelle tasche di un bambino e abbastanza piccole per poter stringere nel palmo il suo visetto”.
Dio stava creando i due più grossi piedi che si fossero mai visti quando l’angelo sbottò: “Non è giusto. Credi davvero che queste due barcacce riuscirebbero a saltar fuori dal letto la mattina presto quando il bambino piange? O a passare fra un nugolo di bambini che giocano, senza schiacciarne per lo meno due?”.
Dio sorrise e rispose: “Sta tranquillo, andranno benissimo. Vedrai: serviranno a tenere in bilico un bambino che vuole giocare a cavalluccio o a scacciare i topi nella casa di campagna oppure a sfoggiare scarpe che non andranno bene a nessun altro”.
Dio lavorò tutta la notte, dando al padre poche parole ma una voce ferma e autorevole; occhi che vedevano tutto, eppure rimanevano calmi e tolleranti. Infine, dopo essere rimasto un po’ sovrappensiero, aggiunse un ultimo tocco: le lacrime. Poi si volse all’angelo e domandò: “E adesso sei convinto che un padre possa amare quanto una madre?”.
(Erma Bombeck)
Questo racconto non vuole togliere nulla al grande valore della maternità.
La mamma, proprio per il suo legame fisico e viscerale e per la la sua innata dolcezza, costruisce un rapporto particolarissimo con il figlio che la porta a capire e intuire i suoi bisogni prima ancora che lui li manifesti.
Questo racconto vuole invece sfatare certi preconcetti di alcune generazioni fa quando il padre sembrava essere relegato a severo educatore senza potere né dovere manifestare i propri sentimenti.
Oggi i papà contribuiscono alla crescita e all’educazione di un bambino con la dolcezza e la padronanza di gesti che sembravano essere prerogativa solo delle donne.
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