Carissimi nipoti,
il vostro nonno è nato, nel lontano 1950, in una frazione di un piccolo comune al confine tra la provincia di Bergamo e di Brescia. Il paese si chiama Rondinera e il comune Rogno. Prima di andare a parlare un po’ nel dettaglio del mio paese e quindi indirettamente della mia infanzia, voglio allegarvi il testo, con traduzione in italiano, di una poesia, che in realtà doveva essere il testo di una canzone, che ho scritto nel 1993, dedicandola ai miei luoghi di nascita.
Chiedo scusa agli studiosi del dialetto bergamasco perché, non conoscendo la grammatica del dialetto, mi sono limitato a scriverlo cercando di imitarne il suono e il risultato sarà “grammaticalmente scorretto” e potrà essere di difficile comprensione. Ho voluto riportarlo ugualmente perché per me solo questi termini, questi suoni, possono rievocare ed esprimere in pieno le emozioni di quei momenti. Il testo in italiano non ha nessuna pretesa letteraria e ha perso anche quel tentativo di rima e quei suoni particolari ma è assolutamente necessario per comprendere il significato di quanto sentivo e volevo dire.
I luoghi, i sentimenti e i ricordi evocati nel testo sono un punto di partenza per raccontare a voi cari nipoti com’era il paese in cui è nato il vostro nonno e com’era la vita 60 anni fa (dico 60 anni fa perché i miei ricordi vanno indietro a quando avevo 5/6 anni e quindi fate voi due conti…).
Sono luoghi e ricordi a me molto cari che suscitano sentimenti di tenerezza e nostalgia soprattutto per le persone care che non ci sono più ma anche per la constatazione di quanto si siano evolute in meglio le condizioni e il tenore di vita delle persone anche se questo “progresso” ha sacrificato parte della purezza dell’ambiente e del rapporto sincero e fraterno tra le persone.
‘L CUMU DE ROGN
– ‘N font a la al Camonega, al cunfì tra Berghem e Bresô, gh’è ü cümü che ‘l se ciàmô Rogn.
– Ses è i pais del cümü de Rogn: Rogn la capital, Rundinera al pià, Besem al cunfì, Castel
a medö strada, Sanvile e Muc en simô ai ruc.
– Rogn la capital, i l’ha ‘n po’ ‘sgrandida ma ‘l stradù che l’ha taiô ‘n mes, l’è sémper stret,
rumurus e periculus.
– Besem le ormai töt tacat a Rogn, le cà e i stabilimenc ha quarciat töt i prac e ‘n fina la
Madunina l’è quasi sparida.
– Me so nasit a Rundinera quand gh’ira apena trei cà e la campagna l’ira ü quader de ardà.
– La det la se ciamao per scotöm: Braghi, Muliner, Giole, Barbù, e alter nom, ma i se
rispetao de piö e ira töc galantom.
– Gh’ira gn’anche la bütiga, ne asilo ne ceda ne scöla, ma gh’ira tan amur e tanta pas.
– Gh’ira po’ öna bela fòsô, l’ira la nostra surtia, il lavatoi, ‘l nos mar.
– Ades gh’è piö ü fil d’acqua, i l’ha quarciada tötô de condomini bröc e töc compagn.
– Castel i l’ha quasi ruinat, le cae de ges i l’ha quasi smangiat, ma per furtuna ades
i se fermac.
– La ceda l’è amo chèla: freda, picinina ma belô e quand so le ‘l cör ‘l me martelô.
– ‘L Camposanto i l’ha slargat però l’è semper chèl: requiem aeternam… e me lèe ‘l capèl.
– Per ‘ndà a Sanvile e Muc, al vocor piö i scarpù, ma ghe ü bel stradù.
– Quand so do de moral e pöde mia turnà, ch’esta cansù me mete a cantà,
sere i öcc e me par de ès amò là.
– Rogn, Rogn te se te ‘l me piö bel sogn.
IL COMUNE DI ROGNO
– In fondo alle valle Camonica, al confine tra Bergamo e Brescia, c’è un comune che si
chiama Rogno.
– Sei sono i paesi del comune di Rogno: Rogno la capitale, Rondinera al piano, Bessimo
al confine, Castello a metà strada, San Vigilio e Monti in cima ai colli.
– Rogno, la capitale, l’hanno un po ingrandita ma la strada che la taglia in mezzo,
è sempre stretta, rumorosa e pericolosa.
– Bessimo è ormai tutto attaccato a Rogno: le case e gli stabilimenti hanno coperto tutti i
prati e, perfino la madonnina, è quasi sparita.
– Io sono nato alla Rondinera quando c’erano appena tre case e la campagna era un
quadro da ammirare.
– La gente si chiamava per soprannome: Braghì, Muliner, Giolc, Barbù ed altri nomi,
ma si rispettavano di più ed erano tutti galantuomini.
– non c’era neanche la bottega, né asilo, né chiesa, né scuola ma c’era tanto amore
e tanta pace.
– C’era poi un bel ruscello: era la nostra sorgente, il lavatoio e il nostro mare.
– Adesso non c’è più un filo d’acqua, l’hanno coperto di condomini brutti e tutti uguali.
– Castello lo hanno quasi rovinato, le cave di gesso lo hanno smangiato, ma per fortuna,
adesso si sono fermati.
– La chiesa è ancora quella, fredda, piccolina ma bella e quando sono lì
il cuore mi batte forte.
– Il cimitero lo hanno allargato però è sempre quello:
l’eterno riposo… e mi tolgo il cappello.
– per andare a San Vigilio e Monti non occorrono più gli scarponi ma c’è
una bella strada asfaltata.
– Quando sono giù di morale e non posso tornare, questa canzone mi metto a cantare,
chiudo gli occhi e mi sembra di essere ancora là.
– Rogno, Rogno sei tu il mio più bel sogno.
Il testo della poesia incomincia con la collocazione geografica del mio paese natale. Rogno è in mezzo alla valle creata dal fiume Oglio, sul confine della provincia di Brescia e all’inizio della valle Camonica. Questa è una piccola valle, una piccola piana (credo che la parte piana non sia superiore ad un chilometro) al cui centro scorre il fiume Oglio ormai molto ridimensionato nella portata d’acqua. Il lato ovest rispetto al fiume Oglio, fa parte della provincia bergamasca ed è quello dove sono nato io. Il lato est della valle fa parte della provincia bresciana (sovente sono i corsi d’acqua che delimitano il confine tra una provincia da un’altra).
Salendo poi verso nord, la valle si restringe progressivamente e dopo alcuni chilometri, con il paese di Darfo Boario Terme, anche il lato nord passa sotto la provincia di Brescia e inizia praticamente quella che è considerata tra le valli più anticamente abitata e cioè la valle Camonica. A questo proposito sono famose le incisioni rupestri, considerate patrimonio dell’umanità dall’UNESCO, che iniziano già poco dopo Boario Terme e quindi a solo una decina di chilometri da casa mia.
Per la particolare collocazione del paese, io ero abituato ad avere delle montagne alle spalle e davanti a me, dopo una piccola piana verdeggiante, altre montagne. In ambienti di fondo valle come questo a volte si può avere la sensazione di essere stretti tra le montagne ma, quando il sole si alza e illumina tutta la valle, l’azzurro del cielo e il verde della terra danno una piacevole sensazione di spazioso e di infinito e quindi, l’essere circondati da montagne, non appare più come una costrizione ma una dolce compagnia e, usando un linguaggio poetico, è quasi come essere immersi e coccolati da un “tenero paesaggio bucolico”.
C’è poi l’elenco dei sei paesi che compongono il comune di Rogno e, trattandosi di un comune in fondo ad una valle e ai piedi di una montagna, le frazioni sono disposte su vari livelli e separate da tratti non abitati di prati e boschi.
Mi ha sempre stupito e affascinato come il postino di allora riuscisse a raggiungere giornalmente tutti e sei i paesi calcolando che si muoveva esclusivamente a piedi. Il postino era uno solo e, raggiunta l’età della pensione, era stato sostituito dal figlio. Ricordo perfettamente sia la figura del padre che quella del figlio; avevano un fisico asciutto ed erano sempre impeccabili nella loro divisa, cappello compreso. Il postino abitava nel paese di Monti, il più in alto dei sei paesi. Ogni mattina, con qualsiasi tempo, partiva da Monti e, attraverso sentieri nei boschi, scendeva a Rogno e penso che, allenato com’era, ci impiegasse non più di un’ora. Credo arrivasse nell’ufficio postale di Rogno attorno alle 9 del mattino, quindi caricava nella sua borsa la corrispondenza di tutti i paesi e incominciava a consegnare a Bessimo, poi a Rogno e poi scendeva alla Rondinera dove arrivava attorno alle 13 per poi risalire a Castello e da li a San Vigilio e poi riapprodare verso il pomeriggio inoltrato nel suo paese a Monti.
Il giorno dopo il giro si ripresentava uguale, prima una buona ora di discesa, poi tre/quattro ore di pianura per poi risalire un altro paio d’ore, il tutto con piccole soste per la consegna della posta. Probabilmente la corrispondenza era meno di adesso, ma comunque questa persona riusciva da sola e a piedi a raggiungere tutti e sei i paesi.
Il postino era una istituzione, una certezza, un amico perché conosceva personalmente ogni suo cittadino e spesso, assieme alla consegna della corrispondenza che era fatta a mano direttamente alla persona interessata, c’era uno scambio e una condivisione di opinioni e di favori. Ora che la corrispondenza viene consegnata saltuariamente con persone sempre diverse che, di corsa, sempre con il motore acceso e senza scendere dal mezzo, la depositano frettolosamente in una cassetta, tutto quel mondo che ho descritto sembra lontano ed irreale.
Nella poesia si parla poi dei grandi cambiamenti edilizi (considerate che i miei ricordi risalgono agli anni sessanta mentre la poesia è stata scritta nel 1993 e quindi oltre vent’anni dopo) che hanno modificato sensibilmente il paesaggio. Rogno si è praticamente fuso con Bessimo tanto che la Madonnina di Bessimo (si tratta di una piccola cappellina dedicata alla Madonna che era posizionata in un prato ai margini della strada provinciale) si fa fatica ad individuare perché coperta dalla tante nuove costruzioni.
La stessa Rondinera, dove sono nato io, già negli anni novanta era irriconoscibile.
Anche nelle pochissime case (le figurative tre case della poesia) che in pratica all’epoca erano cascine agricole, non è più possibile vedere i carretti fuori in cortile o animali in giro. Sono state rimodernate e sommerse da tante altre costruzioni.
Si ricorda poi la tradizione, ormai scomparsa, dei soprannomi. Vengono fuori soprannomi strani, a volte apparentemente poco simpatici ma comunque sempre accettati e utilizzati dalle varie famiglie. Tra questi ci sono i soprannomi delle due famiglie (nonni paterni e nonni materni) dalle quali sono usciti i miei genitori. Ecco quindi che il mio papà veniva della famiglia dei Braghì, mentre mia mamma veniva dalla famiglia dei Muliner.
Sicuramente ogni soprannome avrà avuto un significato che normalmente era collegabile alle abitudini o al lavoro che la persona faceva. Cercherò in futuro di ritornare su questo argomento per parlare più a fondo dei miei nonni che, come grado di parentela, sarebbero i vostri trisavoli!
Un caro ricordo e un posto importante nella mia infanzia è stato anche il piccolo ruscello che ora non c’è più. Qui venivo a prendere il secchio d’acqua per bere, quando ancora nelle case non c’era l’acqua corrente; qui accompagnavo la mia mamma con il secchio dei panni che per ore, inginocchiata su una pietra, insaponava per poi risciacquarli nella corrente del ruscello; qui mi divertivo a cercare di catturare dei piccoli pesci o delle rane con il solo aiuto di una cesta di vimini.
E poi le cave di gesso di Castello… Periodicamente nella giornata si sentiva lo scoppio delle mine che spaccavano il gesso mentre una vecchia teleferica portava lentamente, con i suoi carrelli arrugginiti, i pezzi di gesso fino al piano.
La chiesa, piccola e fredda, era il ritrovo della domenica. Ci si andava a piedi attraverso sentieri che salivano per circa due chilometri dalla Rondinera a Castello. In questa chiesa ho ricevuto i sacramenti, ho partecipato alle messe domenicali, ho partecipato a matrimoni di amici e parenti e purtroppo anche ai funerali dei miei genitori e di tanta gente che conoscevo.
Il cimitero, da bambino, lo vedevo con occhi di tristezza e quasi paura; il cancello era sempre aperto giorno e notte (allora si chiavava “camposanto” e non c’erano gli orari di entrata) e la gente quando passava per la strada, anche se non si fermava, si toglieva il cappello in senso di rispetto.
Nella poesia, si accenna poi alla strada che da Castello sale verso San Vigilio. All’epoca della mia infanzia era una mulattiera molto ripida che correva lungo il pendio della montagna e saliva fino agli 800 metri circa e, con un buon passo, ci si impiegava una bella ora. La mulattiera ora è stata sostituita da una bella strada asfaltata che permette di raggiungere San Vigilio in poco più di dieci minuti di auto.
La poesia chiude con il pensiero un po malinconico che è comune a tanti che per lavoro sono costretti a lasciare la propria terra. Nei momenti di nostalgia, chiudendo gli occhi e pensando alle parole di questa poesia, i ricordi quasi si materializzano tanto da far sembrare di essere ancora lì.
Cari nipotini ora vi lascio temporaneamente ma, come ho già detto, nelle prossime lettere cercherò di riprendere alcuni di questi temi perché il solo il fatto di averli toccati, sta muovendo dentro di me un fiume di ricordi che vorrei condividere con voi.
Ciao da nonno Antonio.
Si ringrazia il Comune di Rogno, nella persona del suo Sindaco Dario Colossi, per le immagini presenti nell’articolo
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Ho letto e mi ha emozionata.grazie
Grazie, soprattutto da parte di nonno Antonio 🙂
Il fiume si chiama Oglio non Olio
Grazie per la precisazione, lo sappiamo, è stato un errore di battitura.
Io di anni ne ho 55 ma i ricordi sono gli stessi… la nostra Rondinera con quattro case…. i fossi con l’acqua dove ci rinfrescavamo d’estate… l’asino “dell’Arturo” che pascolava a bordo strada…
Il fiume dove andavamo a pescare di nascosto dalle mamme perché pericoloso….
E poi le prime nuove case che ci hanno tolto i campi di mais… e poi il primo condominio…
Adesso non é più la stessa ma sempre bella la nostra Rondinera….
Grazie per il bel commento!
Ciao Antonio
Complimenti per la lucida descrizione dei luoghi delle tue origini, sicuramente incuriosirà i tuoi nipoti . Devo dire che mi piace il tuo sito lo trovo ben impostato, scorrevole e conciso.
ciao a presto
Primo
Grazie Primo per le belle parole. Seguiranno presto altre “lettere” partendo dalla prima infanzia fino all’età adulta, passando per la mia adolescenza.
Da dove ci scrivi? Grazie ancora, a presto!